Una prova di forza che nasconde debolezza

Leggete bene questa dichiarazione di Michele Gentile, coordinatore dei settori pubblici della Cgil: c’è «un grave errore di metodo nella convocazione perché si è deciso di far partecipare un solo componente per sigla nell’incontro di oggi (ieri, ndr) rinunciando così a far partecipare chi gestisce poi il piano industriale». E così la Cgil si alza dal tavolo convocato da Renato Brunetta per illustrare la sua idea di riforma della pubblica amministrazione. La Cgil non ci sta: non per il merito dei provvedimenti ancora tutti da discutere, non per le dichiarazioni contro i fannulloni del neo ministro, non per le linee generali di un piano dal sapore meritocratico. Non per queste ragioni di principio. La Cgil non ci sta perché il ministro ha convocato un solo rappresentante per organizzazione sindacale, invece dei cinque consueti. Insomma ha ragionato con la testa di un uomo pratico, ha smantellato quel rito bizantino dei tavoli lunghi un chilometro. È evidente che si tratta di un pretesto.
La Cgil sta passando un momento di grande difficoltà. All’interno dell’organizzazione sindacale vivono due anime contrapposte: una riformista, più pronta al cambiamento, ed una conservatrice contraria a qualsiasi apertura di credito. In questo contesto, trovare un singolo rappresentante che sintetizzi le diverse anime diventa complicato se non impossibile. È ciò che avviene da tempo nel settore metalmeccanico dove i vertici della Fiom, non si fidano e non si sentono rappresentati dalla segreteria nazionale.
C’è infine un secondo aspetto. Lo sforzo modernizzatore di Brunetta andrà ad incidere nella carne viva della pubblica amministrazione. Lo slogan contro i fannulloni rappresenta in realtà solo la punta emersa di un complessivo piano industriale che, nelle intenzioni, dovrebbe far recuperare efficienza alla nostra funzione pubblica. Esso implica cambiamenti, valutazioni, merito, promozioni, spostamenti. Insomma una valanga nello stagno immobile della nostra pubblica amministrazione. È di tutta evidenza che una posizione conservatrice all’interno di questo processo crea rendite di posizione. La rappresentanza degli interessi calpestati avrà un suo peso.
La Cgil si candida così a sposare questa fetta di scontenti. Si proclama paladina dell’immobilismo pubblico. Ma perde nel contempo ogni tipo di credibilità politica.

Rischia di assorbire al suo interno la protesta che negli anni ’80 fu interpretata dai famosi comitati di base. Insomma si marginalizza politicamente flirtando con i conservatori del sistema.
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