Quando il Fisco la spara davvero grossa

C’è qualcosa che non va dalle parti dell’Agenzia delle entrate. Questa volta non sono le famigerate «cartelle pazze», quegli ordini perentori di pagare che sono state inviate in migliaia di casi a ignari contribuenti onesti. E che d’improvviso si vedono precipitare nell’ignobile girone degli evasori, senza alcuna colpa, se non quella di essere stati stritolati da computer un po’ distratti. No, questa volta poniamo una questione di principio a difesa dell’indifendibile: e cioè i grandi evasori.

Non c’è ormai più dubbio che Valentino Rossi abbia tentato di fare il furbo, inscenando la sua commedia di residente a Londra per non pagare le imposte. Così come non c’era dubbio che Emilio Gnutti e soci fossero stati un po’ allegri nel trattare la ricca plusvalenza che ottennero dalla vendita di Telecom Italia al duo Tronchetti-Benetton. Ma in entrambi i casi l’amministrazione finanziaria ha dato una pessima immagine di sé. Il trucchetto è semplice. Si individua un possibile grande evasore: meglio se mediaticamente interessante. Si trova (ben fatto) il malloppo sottratto alle casse del Fisco. E a quel punto zac: parte la trappola, molto poco da civil servants. Si alza la posta, si ingigantisce la «truffa», si sublima la sanzione. Insomma si getta in pasto all’opinione pubblica un’evasione da far indignare anche Al Capone.

A Rossi sono stati contestati quasi 120 milioni e a Gnutti&Co circa 2 miliardi di euro: una minifinanziaria. Senonché con il passare del tempo, il lavoro degli avvocati, le trattative con la finanza e con le ragioni del diritto (anche un omicida può avere delle attenuanti) le grandi evasioni annunciate si concludono con pagamenti decisamente più modesti. Mr Rossi potrebbe chiudere a un quinto dell’annunciato e cioè 20 milioni. Gnutti&co oggi firmeranno un assegno da 156 milioni (contro, ripetiamo 2 miliardi minacciati) per chiudere definitivamente i conti con il fisco. C’è da rimanere interdetti: o i grandi evasori hanno un trattamento privilegiato o l’amministrazione finanziaria ha sparato troppo in alto. Si ha l’impressione che questo sia il modus operandi dei nostri uomini del Fisco.

Fanno una lavoro benedetto nel combattere l’evasione, ma rischiano in questo modo di riportare l’Italia ai film di Totò in cui le trattative con l’amministrazione finanziaria si facevano sulla base dell’intuitus personae.

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