Quei finti santoni che ci fanno la predica

In Italia la libertà di stampa è sempre più in pericolo per colpa del solito Cavaliere nero, mentre gli Stati Uniti fanno un balzo in avanti grazie al nuovo messia democratico Barack Obama. Lo stabilisce l’annuale rapporto di Reporters sans frontières, i giornalisti con il nasino all’insù che considerano l’Italia alla stregua di Bielorussia e Zimbabwe. Politicamente corretti, hanno elevato gli Stati Uniti dal 40° posto al 20°, solo perché non c’è più George W. Bush. E declassato l’Italia al 49°. Obama ha incassato un Nobel per la pace preventivo e conquistato l’aureola della libertà di stampa. Non che negli Usa mancasse, ma è curioso che il 15 maggio proprio i Reporter senza frontiere (Rsf) lanciavano strali contro il nuovo inquilino della Casa Bianca. «L’organizzazione è delusa dalla decisione del presidente (Obama) di porre il veto sulla pubblicazione delle 44 fotografie che ritraggono l’esercito americano mentre abusa e tortura i prigionieri afghani e iracheni», si legge in un comunicato di Rsf.
Jean-Francois Julliard, segretario generale di Rsf, ammette che nel balzo in avanti degli Usa ha contato «l’effetto Obama». Peccato che la Casa Bianca stia sparando cannonate verbali contro la tv Fox News rea di criticare il presidente. «Non è più un organo di informazione», «li tratteremo come un partito d’opposizione» hanno tuonato i portavoce. La Fox è da tempo esclusa dalle interviste ad Obama, limitata nell’accesso alle fonti governative e ai suoi giornalisti vengono negate le domande durante gli incontri con la stampa alla Casa Bianca. L’editore dell’agguerrita tv è Rupert Murdoch. Rsf non si mobilita molto per la sua Fox negli Usa, ma in Italia lo difende, considerandolo minacciato da Silvio Berlusconi.
Sui 175 Paesi nella classifica sulla libertà di stampa siamo scivolati dal 35° posto del 2007, quando c’era Romano Prodi, al 44° dello scorso anno e al 49° odierno. Una bocciatura che non si capisce bene come salti fuori. Nella classifica l’Italia si è beccata 12,4 voti negativi. I voti si basano su un questionario, che è stato consegnato a diverse decine di giornalisti, professori universitari, attivisti dei diritti umani e avvocati del nostro Paese. Nonostante le richieste del Giornale la lista dei «giurati» è segreta. Per ora anche le 12,4 bacchettate sulla libertà di stampa non sono state ufficializzate. Sfogliando il facsimile del questionario è ovvio che in Italia i giornalisti non vengono ammazzati, torturati o sbattuti in carcere buttando via la chiave. Come accade in Eritrea, in Turkmenistan e in Iran, gli ultimi tre Paesi della classifica di Rsf. Non è mai capitato che le forze armate o il governo abbiano chiuso con la forza giornali o televisioni, come si chiede nel questionario.
Secondo Rsf «le pressioni del Cavaliere sui media, le crescenti ingerenze», ma pure «le violenze di mafia contro i giornalisti che rivelano le attività di quest’ultima e un disegno di legge che ridurrebbe drasticamente la possibilità per i media di pubblicare le intercettazioni telefoniche, spiegano perché l’Italia perda posizioni per il secondo anno consecutivo».
Julliard, capoccia dell’organizzazione, aveva già annunciato il declassamento in occasione della manifestazione sulla libertà di stampa del 3 ottobre scorso a Roma. Al fianco di Sabina Guzzanti, la comica anti Cav, minacciò: «Troppe pressioni sui media, Silvio Berlusconi rischia di finire nella lista dei predatori della libertà di stampa» come la mafia. «L’Italia non guadagnerà certo posizioni», avvertì.
Il preveggente francese ha però sbagliato qualche calcolo. Il nostro Paese è stato retrocesso anche per le querele miliardarie di Berlusconi a Repubblica e altri giornali. Scorrendo la classifica di Rsf si scopre che siamo stati battuti pure dal Sud Africa, piazzato al 33° posto.

Peccato che il discutibile presidente sudafricano, Jacob Zuma, abbia querelato per un milione di dollari il vignettista Jonathan Shapiro. Non solo: un programma sulla satira è stato censurato due volte in tv, ma Zuma, si sa, è più simpatico del Cav.
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