Eadesso? dopo aver salvato l'euro, essere stato ai vertici del Tesoro, della Banca d'Italia e della Bce, esperienze che lo hanno portato nell'Olimpo dei leader mondiali e ne hanno fatto l'italiano più apprezzato a livello internazionale, che cosa farà Mario Draghi? Se lo chiede Marco Cecchini alla fine di L'enigma Draghi, uscito in questi giorni, con la prefazione di Giuliano Amato per Fazi Editore. Dragni diventerà un Cincinnato della finanza, scriverà un libro, farà il conferenziere di lusso o presiederà una prestigiosa banca d'affari, tutte strade seguite da altri banchieri centrali prima di lui? Difficile: «Draghi è un unicum». C'è un tam tam che lo vuole a Palazzo Chigi subito o alla presidenza della Repubblica alla scadenza di Mattarella, nel febbraio 2022. Ma lui è abituato a navigare nelle acque dell'alta finanza e della politica globale, non è mai stato in sintonia con la politique politicienne italiana, e più volte ha detto: «non voglio fare il politico». Eppure, più lui si è sottratto, più le voci si sono infittite ed è bastato un articolo scritto per il Financial Times in aprile, in cui invitava i governi a indebitarsi per combattere le conseguenze del virus, per riaccendere le speculazioni su un suo ruolo come capo di una sorta di governo di salute pubblica, soluzione indicata per primo da Silvio Berlusconi. A ogni difficoltà del premier Conte, i retroscena dei giornali rilanciano il nome di Draghi come suo successore. «A Draghi - scrive Cecchini - le sfide piacciono, le novità lo caricano, il senso di responsabilità verso il Paese non gli manca. Ma chissà forse anche il banchiere del whatever it takes si interroga sull'enormità della sfida. Certamente il suo nome sarebbe difficile da mettere in discussione. L'opinione pubblica penserebbe che come ha salvato l'euro, potrebbe salvare l'Italia nella guerra contro il virus. La reputazione dell'uomo, le sue relazioni e le sue doti diplomatiche contribuirebbero indubbiamente a irrobustire la capacità negoziale del Paese e a risollevarne l'immagine internazionale».
L'enigma Draghi, raccontando l'imperscrutabilità del personaggio e i suoi rapporti con i leader nazionali e internazionali ci fornisce qualche chiave per comprenderlo. Il suo autocontrollo è leggendario. In pubblico ha perso l'aplomb forse una volta. Durante una conferenza stampa della Bce, l'attivista di un movimento anti globalista saltò sul tavolo della presidenza e gli gettò in faccia dei coriandoli. Lui incrociò le braccia per proteggersi, stupefatto, ma fu un attimo. Poi riprese la conferenza come se nulla fosse accaduto. L'uomo possiede un sistema nervoso d'acciaio, coniugato a una grande capacità di persuasione degli interlocutori, come dimostra il rapporto instaurato con Angela Merkel che nel 2012 gli dette la copertura politica per il «Whatever it takes».
Dagli inizi con Guido Carli e Carlo Azeglio Ciampi al Tesoro, agli anni di Francoforte alla Bce, ha seguito la regola aurea della riservatezza, protetto la sua vita privata improntata all'understatement, prestato una cura maniacale ai rapporti con i media e si è ritagliato l'immagine di un leader irraggiungibile e di grande successo. Ora è il momento di incassare.
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