Se fosse un passo dei Promessi Sposi suonerebbe più o meno così: «Questo piano casa non sha da fare, né domani, né mai». E a dirlo non sarebbe una sparuta delegazione di «bravi», ma lopposizione al gran completo, mai così compatta nellosteggiare la versione marrazziana di un progetto che, non solo nel centrodestra, ha sollevato unonda lunga di perplessità.
Lunedì, di fronte alla relazione dellassessore Mario Di Carlo che si è riempito la bocca di termini evocativi e ha fatto i complimenti innanzitutto a se stesso, i consiglieri del Pdl hanno abbandonato in maniera teatrale lemiciclo. Ieri, invece, la strategia è stata quella dellostruzionismo a oltranza, della guerra chiassosa delle parole, della protesta con il petto in fuori, esibita di fronte ai microfoni: sono stati presentati la bellezza di 840 emendamenti, in cui si è criticato ogni passaggio o quasi del testo licenziato dalle commissioni. E in cui, a ben vedere, sono riassunti tutti i dubbi che in questultimo periodo sono stati sollevati e sbandierati di fronte a una maggioranza sorda e indifferente.
Uno dei primi a tuonare è stato Fabio Desideri, vicepresidente della Commissione Urbanistica alla Pisana: «Con il testo partorito dalla giunta - ha spiegato - non andremo da nessuna parte. Questo piano casa, così comè stato formulato, è inutile. Deve essere totalmente riscritto per rispondere alle esigenze del territorio». Per riempire cioè i tanti «buchi», le lacune che vanno dalla prima casa all«housing sociale», fino a quel pacchetto di norme che è difficile ricondurre alle tipologie di edilizia presenti sul territorio regionale. Lo ha rilevato anche Francesco Lollobrigida, consigliere oltre che coordinatore provinciale di Roma del Pdl, che ha acceso i riflettori su unulteriore criticità: «La Regione - ha detto - non ritiene necessario sentire il parere del Cal, il Consiglio per le autonomie locali, che invece dovrebbe essere preventivamente e obbligatoriamente consultato, perché qui si parla di modifiche urbanistiche».
Al presidente della Provincia Zingaretti si è appellato Donato Robilotta, affinché intervenga per bloccare quella che è stata una delegittimazione in piena regola proprio del Cal, da lui presieduto: «Trovo particolarmente ridicolo e paradossale il parere letto in aula - ha ribadito Robilotta - poiché la legge cambia delle norme urbanistiche che incidono sul territorio senza che ci sia stato alcun confronto con gli enti locali». È questo uno dei principali punti dolenti, insieme con il fatto che «il presunto piano casa della Regione Lazio non ha nulla a che fare con quello varato dal governo Berlusconi», come ha dichiarato un altro consigliere dellopposizione, Romolo Del Balzo. «Quello - ha precisato - era semplice e lineare, utile e coerente. Questo è una sorta di calderone, un incomprensibile e inutile insieme di norme farraginose dove di casa sembra non si parli più». Così pure Luigi Celori, che lo ha bollato come un «guazzabuglio di norme che non dà risposte allemergenza abitativa, non sana le ingiustizie in ambito agricolo e non dà soluzione al recupero delle aree di pregio. Poteva essere unoccasione per il rilancio delleconomia e invece, a fronte delle risorse che potranno essere stanziate in bilancio, si potranno costruire al massimo un centinaio di case, contro i 30mila alloggi pubblici che servirebbero». Ancora, Augusto Pigliacelli, ha definito il piano regionale «un documento confuso e pieno di compromessi al ribasso, incapace di realizzare i propri effetti».
Ieri, intorno alle 20, il consiglio ha deciso che era arrivato il momento di concludere la discussione.
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