Sabrina non lo perdona «È soltanto un vigliacco»

Sabrina non lo perdona «È soltanto un vigliacco»

TarantoPoche parole, tante lacrime: quelle di Michele Misseri, che consegna un memoriale e torna a parlare in un’aula di giustizia per assicurare di essere l’unico colpevole e di essere stato indotto a mentire; e poi le lacrime di sua figlia Sabrina, cugina e amica del cuore della vittima, ritenuta nelle indagini assassina animata dal movente della gelosia e gelida depistatrice. Lei, jeans e felpa nera, almeno venti chili in meno, il volto pallido che riflette i lunghi mesi in carcere, prende la parola con la voce piegata dai singhiozzi ma non trema mentre accusa il padre senza degnarlo di uno sguardo: «Io sono innocente, lui è un vigliacco perché mi ha coinvolta senza che c’entrassi nulla», dichiara. Sono queste le istantanee della mattinata al palazzo di giustizia di Taranto, dove si tiene l’udienza preliminare per l’omicidio di Sarah Scazzi, uccisa a 15 anni il 26 agosto dell’anno scorso ad Avetrana. Giovedì è attesa la requisitoria dei pm; poi il gup Pompeo Carriere si dovrà pronunciare sulla richiesta di giudizio nei confronti di tredici imputati: del delitto sono accusate solo Sabrina e sua madre Cosima Serrano, sorella della madre di Sarah, che devono rispondere anche di soppressione di cadavere insieme a Michele Misseri, al fratello di quest’ultimo, Carmine, e a suo nipote Cosimo Cosma.
L’ultimo capitolo della storia giudiziaria del giallo di Avetrana comincia in tarda mattinata. Ed è segnato da un drammatico confronto tra padre e figlia. I loro sguardi non si incrociano, lei pronuncia tutto d’un fiato quell’atto di accusa nei suoi confronti: «É un vigliacco», dice dandogli le spalle. Dichiarazione breve, due minuti al massimo. «Io volevo bene a Sarah», afferma Sabrina. Che torna al rapporto che la legava alla cugina. E così aggiunge: «L’ho cresciuta, non le avrei mai fatto del male», assicura. Poi tocca al padre, il contadino di Avetrana, zio Miché che vive barricato nella villa dei misteri in via Deledda, l’uomo che ha accusato la figlia per poi fare retromarcia. Misseri parla a lungo e consegna al giudice un memoriale, ventuno pagine scritte con grafia obliqua e poco comprensibile, in cui si assume tutte le responsabilità e scagiona Sabrina. Il contadino dice di aver ucciso la nipote perché quel giorno era nervoso e il trattore non ne voleva sapere di partire, aggiunge che nel garage è scesa Sarah e quando lui l’ha sollevata per allontanarla lei gli ha dato un calcio all’indietro: allora lui non ci ha visto più, si è sentito invaso da un’ondata di calore e l’ha strangolata con una corda che poi ha bruciato. E per descrivere meglio quanto accaduto, Misseri si toglie la cintura e mima le fasi dell’omicidio. Difende a spada tratta la figlia e sostiene di averla accusata in passato perché indotto dall’ex avvocato, Daniele Galoppa, e dalla criminologa Roberta Bruzzone: entrambi hanno annunciato querela nei suoi confronti per calunnia e diffamazione. Ma zio Miché non parla solo in aula.

Perché quando l’udienza finisce si affaccia in strada e parla ancora. Ed è un fiume in piena: «Contro mia moglie e mia figlia non ci sono prove», afferma. E aggiunge: «Ho sentito che Sabrina mi ha chiamato vigliacco: ha ragione».

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