«Non parteciperò mai più a un festival».«E io a una giuria».L’hanno presa bene Marco Bellocchio, il regista di Bella addormentata tornato a mani vuote dal concorso alla 69esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica diretta da Alberto Barbera, e Matteo Garrone, il regista di Gomorra membro della giuria della kermesse veneziana sotto accusa, a torto, per non aver difeso il nostro cinema. Ma perché tanto nervosismo rispetto a un «semplice» verdetto di una giuria internazionale presieduta da uno dei più grandi registi del globo terracqueo, Michael Mann? La verità è che la débâcle del cinema italiano al festival, da qualcuno forse scambiato per una manifestazione autarchica tesa solo proteggere il nostro cinema (ve lo meritavate allora il precedente direttore Marco Müller e il suo ghetto di «Controcampo italiano »!), ha scottato gli stati maggiori dell’industria delle italiche immagini, pubblica e privata. Fenomeno in parte comprensibile perché è indubbio che dietro i film portati al festival ci sia un investimento importante, di talenti e di idee certo, ma soprattutto di soldi (per dire solo la Rai, secondo Il Fatto , ha speso 200mila euro per sistemare al Lido circa 120 persone). Così le dichiarazioni di Marco Bellocchio, un po’ scomposte ma non irrituali (vedi Buongiorno, notte sempre al Lido nel 2003), nascondonoin qualche misura la delusione di tutto il cinema italiano. A partire dall’amministratore delegato di Rai Cinema, Paolo Del Brocco, che al festival ha portato una ventina di titoli. Tra cui il casus belli di Bella addormentata metafora del tombino saltato di tutto il cinema. Così anche Twitter diventa una Waterloo dove porsi domande retoriche e amare: «I 16 minuti di applausi sinceri commossi a Bella addormentata sono scolpiti nei nostri cuori. Ma i giurati hanno capito il film? », cinguetta Del Brocco che magari sognava di fare filotto, in vista di una possibile riconferma del suo mandato, dopo i premi di Berlino con Cesare deve morire dei Taviani e di Cannes con Reality di Matteo Garrone (in uscita il 27 settembre).
La verità è che un premio, sia pure tra quelli cosiddetti minori, avrebbe fatto contenti tutti. Anche il Ministero per i beni culturali, con la sua Direzione generale per il cinema diretta da Nicola Borrelli, a cuil’avventura veneziana è costata svariati milioni di euro, 7 e mezzo che servono a finanziare il costo totale di 13 milioni della Biennale Cinema più i circa 100mila euro degli affitti degli uffici di Cinecittà all’Excelsior, sia perché dei tanti titoli italiani presenti nelle varie sezioni molti sono quelli sostenuti dai suo dipartimento. E il caso di Bella addormentata diventa paradigmatico perché il suo finanziamento, a fronte di un costo industriale di circa 6 milioni di euro, vede coinvolti tanti attori produttivi, ora in prima fila tra quelli più imbufaliti (e i primi risultati al botteghino molto al di sotto anche delle aspettative meno rosee di certo non aiutano…): Rai Cinema, la Cattleya di Riccardo Tozzi, il Ministero con 900mila euro di finanziamento statale e la Film Commission del Friuli Venezia Giulia con 150mila. Ma anche È stato il figlio di Daniele Ciprì, l’unico che ha portato a casa un premio per la fotografia e per«l’attor giovane » Fabrizio Falco, ha avuto un finanziamento di 400mila euro e 100mila dall’attivissima e potente Apulia Film Commission della regione guidata da Nichi Vendola che ne ha dati altrettanti a La nave dolce di Daniele Vicari fuori concorso. Stessa cosa per i film presentati nella sezione «Orizzonti», il cui concorso è stato vinto dal cinese Wang Bing nonostante il «nostro » presidente della giuria Pierfrancesco Favino, con alcuni dei titoli più belli visti in tutto il festival a partire dal capolavoro di Leonardo Di Costanzo L’intervallo (300mila Euro del Mibac) fino a
Bellas Mariposas di Salvatore Mereu (600mila) e a Gli equilibristi di Ivano Di Matteo (800mila). 350mila sono inoltre gli euro statali per l’opera prima dell’attore Luigi Lo Cascio, La città ideale presentato nella Settimana Internazionale della Critica, 800mila quelli per Pinocchio di Enzo D’Alò e 150mila per Acciaio di Stefano Mordini entrambi alle Giornate degli Autori.
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