Da Scienza del latte a Sommelier: addio a 22 corsi di laurea inutili

Statale, Cattolica e Bicocca anticipano la riforma del ministro Gelmini: nel prossimo anno accademico tagliati molti degli indirizzi senza studenti. Iulm, Bocconi, Carlo Cattaneo e San Raffaele sono in regola con i nuovi ordinamenti

Da Scienza del latte a Sommelier: addio a 22 corsi di laurea inutili

C’è chi dice che l’università è una giungla o - peggio - una foresta selvaggia. I soliti maligni, verrebbe da dire. Eppure, a guardare il fitto groviglio di corsi cresciuti come funghi negli ultimi dieci anni, il paragone non sembra poi così azzardato. Dalla riforma del «3+2» del 1999, lo ricordiamo, in Italia il numero di corsi di primo (laurea triennale) e di secondo livello (laurea specialistica) è esploso fino a quota 5mila e 879: prima della riforma erano 3mila. Una lista infinita di proposte che non giustificava il numero degli iscritti, spesso ridotti a poche unità.
Così le università milanesi, in attesa che la scure del ministro Mariastella Gelmini si abbatta sui corsi inutili o obsoleti, hanno dato il via allo sfoltimento. In vista del prossimo anno accademico, solo nel capoluogo lombardo, sono stati tagliati ben 22 corsi. E se a questi aggiungiamo i titoli soppressi nell’anno precedente la quota supera le 30 unità. I «nuovi» ordinamenti ministeriali, infatti (disegnati cinque anni fa, ma che saranno vincolanti dall’anno 2010-2011), impongono ai corsi una serie di «requisiti» necessari per esistere: un numero minimo di docenti, trasparenza sugli obiettivi e sui risultati e, appunto, un numero minimo di matricole, da 10 a 50 a seconda della classe di laurea. Stop quindi ai titoli in eccesso che non incontrano l’interesse degli studenti. Qualche esempio? Si va da «Scienze viticole», alla «Protezione delle piante», da «Produzioni Animali» fino ai più complicati (almeno a leggere i titoli) «Paleobiologia», «Geofisica di esplorazione e applicata», «Genomica funzionale» o «Bioinformatica». Corsi di laurea spesso disertati dagli studenti e che, anche per questo, non troveranno più spazio negli Atenei.
Tra le più attive nello smaltimento spicca la Cattolica, che per il prossimo anno ha tagliato ben undici corsi (spesso assorbiti in altri, come curricula interni): dalla laurea triennale in «Viticoltura ed enologia» (facoltà di Agraria) alle specialistiche in «Produzioni animali» o «Difesa delle colture per una produzione ecocompatibile». Colpite anche le storiche facoltà di Giurisprudenza ed Economia con due titoli in meno ciascuna, e i corsi in Scienze dell’educazione e della formazione, inglobati in un’unica laurea. E se il rischio tagli non sembra preoccupare Bocconi, Iulm, San Raffaele e Carlo Cattaneo (Castellanza) che si dichiarano «in regola con i nuovi ordinamenti», lo stesso non può dirsi della Statale di Milano, dove a partire dal 2008 tredici titoli sono stati accorpati e ridotti a sei, e altri otto sono stati cancellati: dal corso in «Scienze viticole ed enologiche» per aspiranti sommeliers a quello in «Scienza della produzione e della trasformazione del latte» per lattai e allevatori. Senza dimenticare i corsi per giovani ambientalisti, come «Produzione vegetale» o «Protezione delle piante» (confluiti nel nuovo corso di «Produzione e protezione delle piante e dei sistemi del verde»).
Sforbiciata anche per la Bicocca, dove il tallone d’Achille sono i corsi «a distanza» («Discipline della Ricerca Psicologico-sociale» e «Scienze del turismo e comunità locale»), quelli cioè che non necessitano della presenza in sede ma si possono seguire, mediante video-lezioni, dal posto di lavoro o dal computer di casa: innovativi sì, ma meno attraenti di una tradizionale lezione vis-à-vis. A fare la differenza in molti casi è il numero esiguo di iscritti, perché dieci immatricolati sono sufficienti a Matematica o Biotecnologie, ma non a Economia, Ingegneria o Scienze della comunicazione.

Per superare l’asticella, quindi, occorre accorpare o addirittura eliminare. È questo il destino dell’unico corso soppresso al Politecnico dal prossimo anno: «Ingegneria dell’Amministrazione Pubblica» con sede a Cremona, che all’appello contava meno di venti iscritti.

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