Il mondo va tanto avanti e le cose stanno cambiando tanto, come ben scrive Roberto Arduini su lUnità di ieri, che il giornale fondato da Gramsci fa ammenda su lautore de Il Signore degli Anelli dopo appena 40 anni e oggi si fa corifeo di un positivissimo Tolkien «romantico», quando allepoca della traduzione italiana del suo capolavoro lo denunciò come «fascista». Un incredibile passo avanti, non cè che dire, che ha come tappe intermedie linterpretazione di Alessandro Portelli di un Tolkien «allegorico» nel 1982 e di un Tolkien antinazista («Fascisti giù le mani da Tolkien») del critico cinematografico Alberto Crespi nel 2001 allepoca del primo film di Peter Jackson. Una serie di approssimazioni alla rivalutazione del professore oxoniense che sembra essere giunta ora alla conclusione con la scoperta di un volume collettaneo, La falce spezzata (Marietti 1820), che propone - sai che scoperta - unimmagine di Tolkien come inserito nel «filone tardoromantico» inglese di Morris e MacDonald, risalendo sino addirittura a Novalis: nomi a quanto pare del tutto sconosciuti alla critica tolkieniana estranea agli interessi arduiniani, quella volgarmente detta «di destra» che a lui fa tanto schifo (eccetto quando va a chiedere favori ai suoi rappresentanti...).
Che Arduini scriva, assai più di me e di Quirino Principe, corbellerie e non di tipo bibliografico bensì sostanziale, sta nel fatto che insiste col dire che nel libro in questione si negano le «interpretazioni allegoriche, tradizionaliste e mistico-dualistiche tanto in voga sino a tutti gli anni Novanta». Ora, Arduini dovrebbe spiegare quando mai su Tolkien ci sono state interpretazioni «allegoriche» (o «metaforiche»): casomai erano quelle che sosteneva proprio su lUnità il professor Portelli che si affannava a contrastare lunica interpretazione possibile circa il senso della narrativa tolkieniana, che è quella simbolica, che a Portelli, Arduini&C. dà tanto ai nervi, per ricondurla sotto lallegoria e la metafora più accettabili a una critica «di sinistra».
Queste «visioni non trovano fondamento nellopera» tolkieniana? Ecco unaltra corbelleria, considerate le minuziose analisi effettuate sui simboli che lo scrittore sparge nei propri scritti. Dare una interpretazione «simbolica» o «tradizionalista», facendo riferimento alle idee e alle opinioni di Tolkien, è un reato di lesa maestà? Un Tolkien «romantico» è forse in contrasto con un Tolkien «simbolico»? Lapologia del mito, del simbolo, della fantasia, del ritorno alle radici leggendarie, tipica del romanticismo, è forse in contraddizione con il Tolkien che si richiama alla Tradizione e alle tradizioni? Soprattutto lantimoderno e neomedievale Morris che Tolkien considerava un suo maestro (e in parte MacDonald) non si richiamavano forse a questi stessi punti di riferimento? Dovè allora la clamorosa novità che annullerebbe lenorme lavoro esegetico fatto da tanti critici sino allavvento dei vari Manni e Arduini?
Il punto, sottinteso ma evidente, è un altro. A certa intellettualità risulta insopportabile che un autore di successo universale come Tolkien non possa essere ascritto al «progressismo». Tolkien si autodefiniva un conservatore, e tale lo definisce anche il suo biografo Carpenter, e non ha scritto certo opere «progressiste». Per certa sinistra si può accettare in toto qualcuno solo se lo si può cooptare alla propria fazione e se lo si può lavare dellonta di essere «di destra» - come la sinistra unanime lo ha definito almeno sino al 2001 - e se si può considerare nulla tutta lopera dei critici definiti «di destra» che lo hanno difeso dalle assurde accuse di cui è stato oggetto per decenni in Italia. Ora a quanto pare allUnità è sufficiente che Tolkien possa venir inserito nella corrente «tardoromantica». Benissimo: fu un romantico che cantò i miti ancestrali, ripropose lepos in pieno 900, esaltò il coraggio individuale e collettivo, rivalutò il passato, amò la Natura, si oppose al Potere corruttore.
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