Lo scudetto di Cassano: ha scelto la squadra giusta

Torino Non avrebbe dovuto giocare. Non dal primo minuto, almeno. Però l'influenza ci ha messo lo zampino: Pato a casa, Antonio Cassano in campo. A Torino, contro la Juventus. Vedi un po' tu gli scherzi del destino. Prima di ieri, con la casacca rossonera addosso: 416 minuti, 9 presenze, di cui 4 da titolare e 5 arrivando dalla panchina. Un gol, anche: il secondo, nel 4-0 casalingo contro il Parma. Più giocate di classe e qualche assist: perché va bene un'iniziale pancetta quando si presenta a Milano dopo avere litigato con Garrone e il mondo sampdoriano, però la classe è quella che è e nessuno gliela toglie.
E, allora, Cassano contro la Juve. Al piccolo trotto, però, per una settantina di minuti. La Juve di Delneri e Marotta, certo. La Juve che l'anno scorso, a Marassi, lui per primo contribuì ad azzoppare con un tiro da trentacinque metri certo non irresistibile ma sul quale «Zucchina» Chimenti non riuscì a fare nulla. La Juve già affrontata all'inizio di questo campionato vestendo il blucerchiato: assist di Palombo e palla accarezzata di interno destro che va a infilarsi sul palo lontano. Un gol dei suoi: classe allo stato puro. Era il 12 settembre: sei mesi e una bufera dopo, rieccolo. Contro la Juve che avrebbe potuto essere sua già da anni, se si lascia da parte quest'ultima sessione di mercato in cui davvero la Signora non ci ha nemmeno provato. La prima volta nel 2001, quando lui giocava a Bari e alla fine, più o meno a parità di offerte, scelse la Roma «perché c'era Totti e io volevo giocarci insieme - ha raccontato nella sua autobiografia -. E poi perché qualcuno aveva spiegato a mia mamma che a Torino, quando stendi i panni d'inverno, li ritrovi di ghiaccio. Troppi, poi, i chilometri che ci avrebbero separati da Bari».
Fuori uno. Poi arriva calciopoli, la Juve va in B e pensa a Fantantonio per la rinascita, ma «lui è legato a Capello e al Real - ha rivelato Beppe Bozzo, procuratore e amico - così la trattativa non decolla». Fuori due, allora. Infine, nel 2008, ci prova Alessio Secco: «Siamo stati vicinissimi. Ma all'interno della società ci fu più di un'obiezione, riferita a dubbi sul cambiamento umano. Io ero certo che avesse capito i suoi errori, ma non se ne fece nulla». Marotta all'epoca era il pilota della Samp, detto non per inciso. Ed era stato ovviamente lui a riportarlo in Italia dall'esilio dorato (e litigioso) di Madrid.
Prima di ieri sera, insomma, lo storico aveva già il suo perché. Scarpette arancioni, Fantantonio si piazza subito a sinistra e incrocia Sorensen, gigante danese. Un tocchetto qua e uno là, ma la posizione mica è fissa. Anzi: visto che dall'altro lato c'è Traorè, tanto vale provare a dare fastidio al francesino che non fa della marcatura il proprio pezzo migliore. Guarda caso, la palla che gli recapita Boateng sulla destra dell'attacco rossonero è ghiotta mica poco: dribbling a rientrare su Traorè, sinistro però alto e anche a sorpresa, visto che non pareva proprio difficile centrare almeno la porta. Mani nei capelli e via. Un po' a destra e un po' a sinistra, perché tali devono essere le indicazioni di Allegri. Sorensen è grande e grosso, ma lui ogni tanto danza sul pallone: succede alla mezzora, quando alza la testa e pesca Ibra dal lato opposto, tutto solo. Lo svedese cicca il pallone manco fosse un giocatore di Lega Pro, la Juve respira e Cassano alza gli occhi al cielo. Si cercano, il barese e lo svedese: si trovano anche, ma Buffon dorme sonni relativamente tranquilli. Jankulovski lo lancia sulla corsia mancina: lo sprint è discreto, ma SuperGigi lo anticipa. Vorrebbe ma non può, il numero 99: manda anche a quel pese l'arbitro Rizzoli quando non gli fischia un fallo a favore dopo un contatto con Chiellini, ma nell'occasione sbaglia lui a lamentarsi. E, quando arriva a metà gara, sulla coscienza gli resta quel gol sbagliato alla metà del primo tempo. Chiellini lo tocca duro a inizio ripresa, la (mezza) sceneggiata è degna di Mario Merola e sulla punizione è Ibra a rendersi pericoloso.

Per dieci minuti buoni il barese non vede palla e manco la cerca, forse un po' intorpidito da una serata nemmeno troppo fredda. Manca la scintilla, ecco. E quando il Milan passa in vantaggio, Allegri lo richiama in panca. Non una gran serata, alla fine.

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