Decine di migliaia di no global ieri hanno imposto a Genova ore di tensione, nel ricordo delle devastazioni e delle violenze di sei anni fa, per il G8. Negozi chiusi, le forze dellordine defilate per non turbare i manifestanti e la massima libertà per questi ultimi di tracciare sui muri slogan illuminanti: «10, 100, 1000 Raciti e Nassirya» e altre infamie. Certi giovanotti non si smentiscono mai, il loro principale scopo è quello di vomitare odio e accuse preconfezionate contro lo Stato, le forze dellordine, la magistratura colpevole di voler processare i loro compagni per aver messo a ferro e fuoco una parte di Genova nel luglio del 2001. Chiedono una commissione parlamentare dinchiesta, non per accertare la verità sanno perfettamente quel che hanno fatto ma per tenere sotto schiaffo le forze dellordine, denigrarle, sottoporle a un sommario processo di stile sovietico.
Non erano soli, i no global, in piazza: cerano anche i loro referenti politici della sinistra radicale, che furbescamente si tengono con un piede dentro le istituzioni e laltro fuori, per poter meglio sferrare i calci contro le medesime. Al tempo del disastro governativo compiuto da Romano Prodi questa incivile ambiguità è possibile.
Sui no global corrono diverse leggende, metropolitane e intercontinentali. Ci sono anime belle che li ritengono espressione di unumanità pura e disinteressata, pacifica e socialmente orientata; altri residuati bellici del Novecento insanguinato li considerano i naturali custodi della rivoluzione più o meno permanente. Siamo costretti, dalla ruvida essenza dei fatti, a smentire gli uni e gli altri. Questi presunti generosi sono rivoluzionari a piè di lista, con rimborso spese o con esenzione dalle stesse. Sputano sullo Stato e su tutte le sue istituzioni significative, ma ne sfruttano, con protervia e determinazione, le risorse. Pensate forse che i manifestanti di Genova si siano sobbarcati alle spese di viaggio per predicare i loro, diciamo così, ideali? Ci mancherebbe altro. A Milano e a Pisa, e forse anche in altre stazioni, sono saliti sui treni e si sono rifiutati di pagare. E nessuno ha fiatato, tanto paghiamo noi.
Salvatore Scarpino
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.