Antonio Vettese
Fino a poco tempo fa esisteva l'uomo, la firma, il riferimento assoluto. Adesso non è più così, un cervellone per quanto geniale da solo non basta a vincere la Coppa America. La barca va scomposta, analizzata, inventata nelle sue parti e ci vogliono degli specialisti per ogni settore. Magari non troppi, per non perdere tempo nel processo decisionale. Per Luna Rossa il team progettuale è composto da ventitré persone. Gli yacht designer che hanno un ruolo di regia sono Claudio Maletto, Roberto Biscontini e Bruce Nelson, per le strutture Andrea Avaldi, la fluidodinamica Mario Caponnetto e la vasca navale Giorgio Provinciali, per le vele Guido Cavalazzi e Ian Campbel. La progettazione esecutiva è seguita da Paolo Periotto e da altri progettisti esecutivi con Niki Costa. Tutti i sindacati fanno un lavoro corale. La voce che abbiamo scelto è quella di Claudio Maletto, architetto che dall'88 con la campagna del Moro dedica intensamente le sue forze alla coppa e ha sempre fatto parte di Luna Rossa, la sua è una memoria storica.
Come è cambiato l'approccio al vostro lavoro dal Moro di Venezia a oggi?
«In realtà non ci sono grosse differenze nell'approccio alla ricerca e al progetto. Dall'83 con Australia II in poi si è seguita una strada scientifica, fatta di test e calcolo. Il progresso maggiore è nell'affidabilità degli strumenti di calcolo. Allora forse eravamo ancora in una fase di apprendimento e studio, adesso ci possiamo fidare dei computer».
E la vostra organizzazione?
«Rispetto alle campagne precedenti non esiste un principal designer o qualcosa di assimilabile, abbiamo un team di progettazione e le decisioni vengono prese essenzialmente a un gruppo ristretto di velisti e progettisti e nascono dal dibattito».
Gli avversari hanno questo schema?
«Squadre come Team New Zealand nelle campagne migliori operavano così. Non c'era una leadership dichiarata con uno spirito simile al nostro».
Crede negli apporti tecnologici come quello di Bmw che interviene con il suo centor di ricerca?
«Sicuramente per la parte di simulazione possono esserci dei contributi interessanti per quello che viene dalla F1. Dal nostro punto di vista, data l'affidabilità dei nostri programmi, credo sia soprattutto un problema di potenza di calcolo».
Quanto conta la macchina e quanto il pilota? Quando si vince, con quali ingredienti?
«Sicuramente il programma, la maniera di prendere le decisioni importanti è determinante. Finora sono state varate un'ottantina di barche e questo significa che si sono ridotti molto gli spazi di manovra, la possibilità di esprimere novità particolarmente significative per le prestazioni. Quindi in questo momento il velista in regata gioca un ruolo fondamentale per il successo della campagna. Con la nuova versione del regolamento la barca è già definita per quanto riguarda lunghezza, dislocamento e superficie velica e la partita si gioca sulla forme e sul fatto di indovinare la stabilità per le condizioni di Valencia».
Quindi c'è meno spazio per un nuovo Alinghi, un dominatore?
«Dovrebbe essere così. Ma resta ancora un punto interrogativo, c'è da scoprire se ha ancora dei vantaggi da spendere».
Si può azzardare un'ipotesi di incremento di velocità dalla passata edizione?
«È difficile fare un confronto, nelle andature di poppa le barche sono più leggere e veloci. Di bolina ci sarà un incremento. Ma sono sfumature, diciamo che in televisione non si vede, per apprezzarlo ci vuole il cronometro. Dal 1992 al 2003 forse abbiamo guadagnato un decimo di nodo per anno».
Analogie con la Formula uno?
«Sì, ci sono anche perché il nuovo formato della coppa con le trasferte si avvicina molto. È stata un'esperienza positiva. Si somigliano molto gli strumenti di progettazione come l'uso di galleria e vasca navale nel nostro caso molta simulazione numerica, e il fatto di realizzare un oggetto in carbonio usando stampi sempre più sofisticati per un controllo preciso della forma».
In termini economici quanto vale la costruzione della barca e quanto la ricerca e il design nell'ambito del budget?
«Nel conteggio barca vanno messe in conto le barche vecchie da aggiornare e se sommi tutto, con la costruzione di due scafi nuovi, si arriva al 15-20% del budget. Il design si colloca attorno a un altro 20% includendo la ricerca e il personale. La spesa forte è anche il team sportivo».
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