Adriano Sofri sabato prossimo, con la delicatezza che gli consentono l’uso di mondo e la conoscenza dei meccanismi mediatici, ci illustrerà i suoi rimarchevoli pensamenti presentando il suo ultimo saggio. Discetterà di nobili cause e di superiori obiettivi - civili, sociali, morali - dalla cattedra fasulla di Fabio Fazio, su Raitre, of course, per illuminarci, spronarci, indurci magari a pentirci, per schiudere le nostre menti limitate alle ampiezze insospettate dell’orizzonte progressista. Paghiamo il canone anche per questo e allora ci godremo, si fa per dire, pure il Sofri officiante di una religione del lassismo e dell’illegalità che sta consumando la società italiana.
Adriano Sofri è un detenuto, condannato con sentenza definitiva a 22 anni di reclusione per l’uccisione del commissario Luigi Calabresi. I suoi faziosi sostenitori possono anche continuare a credere nella sua innocenza, ma la nostra democrazia si basa sui giudicati formali. Adriano Sofri è un assassino, a termini di legge, e lo sforzo di nessuna lobby - trasversale, motivata da confuse solidarietà intellettuali, sociali ed ideologiche - potrà eliminare questo dato di fatto.
La domanda, allora, è una sola: può un condannato per omicidio impartire lezioni al Paese dalla più efficace cattedra mediatica? A questo serve il servizio pubblico?
Adriano Sofri è un condannato super, un soggetto unico. Ha goduto dei privilegi che la buonista legislazione carceraria - non per tutti, sia chiaro - consente. E oggi ha gli arresti domiciliari.
È interessante notare che in occasione delle polemiche per il caso di Bruno Contrada, Adriano Sofri si è lamentato perché si era contrapposto il trattamento riservatogli a quello assicurato all’ex dirigente del Sisde. Ha sostenuto che nessun favoritismo gli è stato concesso, ma la verità va al di là delle sue proteste; Sofri è oggettivamente un privilegiato al quale si garantiscono opportunità mai assicurate a ospiti delle patrie galere.
La scarsa, bassissima credibilità della giustizia italiana dipende dalle sue forzature ideologiche. I cittadini avvertono che un giudizio, nel percorso processuale o post-processuale, può dipendere dall’orientamento ideologico dei giudici o dei mezzi d’informazione. Adriano Sofri è stato condannato per l’omicidio di Luigi Calabresi, ma è come se fosse stato assolto. Ha una libertà di movimento che nessun condannato per omicidio ha mai avuto, pontifica e insegna, legittimo ritenere che presto ci riproporrà una storia d’Italia adeguata alla sua condizione di pregiudicato.
La condizione di particolare favore assicurata a Sofri è un segno dei tempi. La nostra democrazia si consuma in lassismi, buonismi e cecità ideologicamente motivata.
Tutto si tiene. Lo sbracamento, la resa incondizionata all’incedere dell’illegalità e della disgregazione ci condannano. Adriano Sofri è un testimonial di questo degrado.
Salvatore Scarpino
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