Nobu Matsuhisa. Classe 1949, tra i 10 chef più noti del mondo, con 47 ristoranti in tutto il mondo e sei hotel, è presente a Montecarlo con il suo Nobu. Lo abbiamo incontrato e scoperto alcuni falsi miti sulla cucina giapponese e uno chef dall'animo gentile.
Che cosa le piace di più della collaborazione con Fairmont?
«Le persone che ho incontrato e la location straordinaria. Anche gli ingredienti che ho trovato mi hanno stimolato, ma io metto al primo posto il feeling con le persone. Insomma, credo nel capitale umano!».
Cosa ama della cucina francese e della vita di Montecarlo?
«La mia cucina è fondamentalmente giapponese ma in ogni posto dove sono stato, dal Perù a Monaco, ho introdotto ingredienti del territorio per creare nuovi piatti combinando elementi diversi. Ho viaggiato davvero tanto, da una città all'altra, da un Paese all'altro, ho conosciuto così nuovi ingredienti e abitudini e ho imparato molto. In Perù ho avuto l'ispirazione di arricchire la mia cucina con ingredienti di altri Paesi. Lo stesso quindi è successo con la cucina francese, una delle più note e amate del mondo. Ho potuto apprendere i suoi elementi più importanti come il tartufo, l'olio d'oliva e i formaggi e anche le sue mode».
E della cucina italiana che cosa ne pensa?
«Il suo piatto preferito? Amo la cucina italiana. Vado in Italia due o tre volte l'anno almeno, specie verso settembre-ottobre perché adoro i tartufi. C'è un ristorante a Milano che si chiama Paper Moon - conosco la famiglia che lo gestisce da tempo - e ogni volta vado da loro per il risotto con il parmigiano e il tartufo bianco. Mi piacciono i piatti semplici con ingredienti di alta qualità».
Quali sono, secondo lei, i principali stereotipi sulla cucina giapponese?
«È difficile rispondere Sicuramente viene usata male la soia, si tende a intingere il riso nella salsa, ma invece va messa solo sul pesce. La soia è salata e il riso assorbe, il risultato è che il sushi diventa troppo salato e fa male alla salute. Per esempio, io nella preparazione del sushi ho tolto lo zucchero raffinato e l'ho sostituito con il monk fruit, un dolcificante naturale con zero calorie. È un piccolo segreto, anche se molti chef in realtà lo conoscono (ride, ndr).
La sua creatività è esplosa in Perù forse per una necessità: a Lima non trovava alcuni ingredienti e ha «dovuto» adattarsi. Qual è l'ingrediente che più l'ha sorpresa e che le ha fatto capire la strada da prendere?
«Quando ho assaggiato il ceviche. Ora è famoso in tutto il mondo, ma 35 anni fa nessuno lo conosceva. Lì ho capito che c'erano altri modi di cucinare il pesce crudo. Per me poter fare un piatto in più modi vuol dire libertà».
C'è stato un momento nella sua carriera di chef che l'ha più emozionato?
«Da quando ho iniziato a 17 anni ci sono stati tanti momenti emozionanti e quelli più importanti sono legati alla mia famiglia. Per esempio quando lasciai per la prima volta casa andai a Tokyo per tre anni per frequentare la scuola di cucina. Subito dopo lasciai il Giappone per lavorare in Perù. Mia madre non voleva che me ne andassi da casa e quando mi raggiunse, fu molto importante per me. Era nata la mia prima figlia e lei rimase dieci mesi. Per me la prima volta che le cucinai lì fu una grande emozione».
A Hollywood non c'è un vip che non sia passato dal suo ristorante, ma è vero che per lei ogni cliente è uguale?
«Il mio primo ristorante in America aveva solo 38 posti. Non potevo fare eccezioni: se c'era da aspettare, bisognava aspettare. Non mando mai via un cliente perché fuori c'è Tom Cruise o chiunque altro. Per me è importante che tutti i clienti siano soddisfatti e che abbiamo trascorso bei momenti nel mio ristorante. Madonna, per esempio, del mio ristorante ha detto: You can tell how much fun a city is going to be if Nobu is in it».
Lei ha detto: «Le risate dei clienti sono la miglior musica di sottofondo»
«Certo, per me una buona serata è quando sento che i miei clienti sorridono, ridono, chiacchierano. Per questo non c'è bisogno di musica nel mio locale. Questa è la musica migliore».
Oltre al suo lavoro, che cosa la fa svegliare felice la mattina?
«Ogni mattina quando mi sveglio, vado in palestra. Prima ringrazio Dio per tutto quello che ho nella mia vita e dopo vado a fare ginnastica. Il tutto in silenzio».
Oggi ha 47 ristoranti e 6 hotel, ha ancora un sogno nel cassetto?
«Ho una
famiglia, dei nipoti e un incredibile team in tutto il mondo che mi supporta e mi segue in tutto. Non voglio altro denaro o altro lavoro, ora voglio solo stare bene e poter trasmettere agli altri tutto quello che so».EliPi
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