Bruno, l'attore mancato che gira film di cassetta

Teatro, tanti piccoli ruoli al cinema e nelle fiction, poi il trionfo al box office con le malefatte d'Italia

Comunque la si giri è Viva l'Italia di Massimiliano Bruno il film italiano più visto dell'attuale stagione cinematografica con i suoi 3 milioni di Euro d'incasso. Nello scorso fine settimana era primo in classifica mentre in questo week-end ha dovuto cedere il podio allo 007 di Skyfall.

Da qui però a lanciare proclami trionfalistici con il quarantaduenne Bruno salvatore della patria ce ne passa. Perché i numeri fotografano una situazione difficilissima per il cinema in sala, soprattutto per i film italiani i cui risultati denunciano lo scollamento di un pubblico che solo a marzo faceva ottenere a Posti in piedi in paradiso di Verdone sempre 3 milioni ma in tre giorni. Poi certo Bruno che due anni fa aveva esordito al cinema con Nessuno mi può giudicare (8 milioni al botteghino) fa bene a dirsi contento perché «l'applauso che scatta in sala alla fine del film è la mia più grande soddisfazione». Un po' meno azzeccate le sue critiche prima ai «giornalisti livorosi del web» e ora pure a «una certa stampa rosicona» che lo starebbe addirittura «boicottando». Facendo propria la recente invettiva di Marco Giusti su Dagospia: «Non capisco l'odio secolare della nostra critica post-aristarchiana, post-fofiana verso i nostri film comici, le commedie, i film di genere. Fanno i soldi. E allora? Dovrebbero essere anche dei capolavori? E perché mai?». Perfetto però stavolta il nostro Bruno nel tentativo di raccontare le italiche malefatte con i toni della commedia più grottesca, e anche per questo intrinsecamente volgare, ha cercato di volare più in alto (ed è questo forse che non gli viene perdonato oltre a un certo qualunquismo visto che bacchetta la politica tutta - a partire dal centrodestra - ma poi non vuol sentire parlare né di Grillo né dei rottamatori). Lasciamo stare gli (auto)paragoni alla nostra migliore commedia (Risi, Scola, Monicelli), soffermiamoci piuttosto su due sequenze rivelatrici di Viva l'Italia sempre con protagonista Michele Placido, il politico che ha perso i freni inibitori e dice ciò che gli passa per la testa. Quella al ralenti in cui attraversa gli scontri tra manifestanti e polizia simil-G8 con l'accompagnamento musicale «paradossale» di Italia di Mino Reitano e la visita all'Aquila terremotata dove la classica tangente è drammaticamente tangibile nel palazzo crollato. Qui Bruno mette da parte la sua supposta volgarità e fa un'azzardata operazione di cinema cosiddetto civile e d'impegno sottolineata anche dalla sua presenza come attore in cui declama alcuni articoli della Costituzione a suo dire irrealizzati.

Perché lui, «romano de' Roma» che sembra uscito dalle rime del Belli, ha sempre giocato con l'alto e il basso, parte integrante del suo dna, eterogeneo e multiforme, testimoniato dalla sua lunghissima gavetta fatta prima di diventare regista di successo. Prima a teatro, la sua grande passione fin dal '91, dove ha scritto e interpretato una ventina di spettacoli sempre all'insegna della comicità che fa anche pensare. Ecco la trilogia con Paola Cortellesi, iniziata nel lontano 1998, con Cose che capitano, Ancora un attimo e l'irresistibile Gli ultimi saranno ultimi ma anche il vero cavallo di battaglia di Bruno, il monologo Zero.

Poi i tanti ma piccoli ruoli al cinema e nelle fiction fino all'omaggio della serie tv di culto Boris in cui appare come Nando Martellone ed è tutto un programma.

Ma al vero attore mancato, Bruno inanella una serie di successi nel campo della scrittura, al cinema, per i film di Fausto Brizzi, i due Notte prima degli esami, Ex, Maschi contro femmine e, in tv, per I Cesaroni, Quelli che il calcio, Non ho l'età. Insomma una lunga carriera sempre un po' dietro le quinte, con apparizioni da ruspante caratterista, ma tanta autoironia (anche sul suo fisico non proprio longilineo) e voglia di dire quello che pensa, come l'anno scorso sul palco di Potere alle parole con l'amico Frankie Hi Nrg o con il bel programma di RadioDue Ten - 10 storie per 10 idoli.

Ecco perché, con una storia così alle spalle, Bruno, che non perde mai occasione di ironizzare sulla meritocrazia, dopo l'incoronazione del pubblico - grazie a cui s'è pure tolto qualche sassolino dalla scarpa con l'ormai celebre «Te lo meriti Nanni Moretti» di Nessuno mi può giudicare - ora «pretende» anche quella della critica.

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