Come cambiano i tempi. O forse no. Recentemente Roberto Andò è riuscito a inserire nel suo bel film Viva la libertà la celebre invettiva di Federico Fellini contro gli spot nei film che «interrompevano un'emozione», come amava ripetere anche Walter Veltroni. Molta acqua sembra essere passata sotto i ponti da quel 1985 in cui Fellini, sostenuto dal Pci in una battaglia di retroguardia, polemizzava direttamente con Silvio Berlusconi arrivando addirittura a denunciare al pretore di Roma Canale 5. Peccato che poi in anni più recenti, proprio sotto un governo di sinistra, la tv pubblica, la Rai, non solo inseriva gli spot nei film ma iniziava a tagliarli eliminando i titoli di coda. Ma questa è un'altra storia. Mentre quella degli spot e il cinema continua ancora oggi.
Così se, da un lato, Fellini non voleva gli spot nei film, dall'altro si metteva dietro la macchina da presa per dirigerli (per prima la Campari nel 1984 lo convinse con trecento milioni di lire). Una contraddizione solo apparente (il regista di Amarcord non aveva nulla contro la pubblicità) che portò Beppe Grillo a prenderlo in giro durante una puntata di Fantastico. «Un dileggio intriso di populismo e in fin dei conti errato» ricorda Andrea Minuz nel fondamentale libro Viaggio al termine dell'Italia. Fellini politico (Rubettino), che però di certo fa rimpiangere i tempi in cui le polemiche erano di un certo livello, almeno ideale.
Ora Grillo sappiamo dov'è mentre la voce di Fellini si è spenta. E chissà che cosa avrebbe detto oggi dei suoi illustri colleghi che dalla pubblicità si sono fatti tentare, non solo dirigendola ma anche interpretandola. Superando, e di molto, qualsiasi più fervida immaginazione. Così non è certo passato inosservato, anzi ha scatenato un putiferio in rete dove il commento più pacato era «La grande marchetta», lo spot della Fiat con Paolo Sorrentino che per le strade di Los Angeles guida la 500 e conclude con un autoreferenziale: «La piccola grande bellezza». Il corto circuito mediatico ha voluto che la pubblicità con il regista passasse su Canale 5 durante la recente messa in onda del suo stesso film La grande bellezza. Roba da Guinnes dei primati, anche dell'opportunità. Non contento Sorrentino, che appena pochi anni fa, nel 2007 quando girò uno spot per l'Alfa Romeo mai diffuso, se lo sognava di interpretare uno spot (allora c'era l'attore Ivan Franek risarcito con una parte in La grande bellezza), appare in voce e di spalle con la sua tipica chioma imbizzarrita nel progetto di Film of City Frames di Giorgio Armani. Qui vengono utilizzati gli scampoli del girato della Grande bellezza con un altro record e cortocircuito, con Armani collabora Rai Cinema mentre il film vincitore dell'Oscar è stato prodotto con Medusa. Ma mentre i due spot di Sorrentino sono molto seriosi e con tutti i crismi dell'Autore, con i testi molto scritti e recitati dal regista partenopeo, c'è un altro premio Oscar che almeno con il mezzo un po' ci scherza, giocandosi però l'autorevolezza. È Gabriele Salvatores che, nel primo selfie spot della Wind, rassicura Fiorello a cui si sta scaricando lo smartphone. «Tranquillo» gli dice, facendo letteralmente capolino con il solito tono zen e una videocamera in mano.
Toni scanzonati come quelli di Pif che, reduce dal grande successo della sua opera d'esordio La mafia uccide solo d'estate, per la Tim fa il suo solito personaggio tv del finto tonto chiedendo agli italiani di aiutarlo nel fare la pubblicità. Come Sorrentino anche Pif avrà pensato che è giusto battere il chiodo finché è caldo. Chi non lo farebbe. Peccato però che da certe dichiarazioni spunti sempre la coda di paglia.
Così, alla fine, tocca rimpiangere la coerenza di un cineasta come Nanni Moretti che, più volte tentato, ha detto sempre no alla pubblicità. Dietro, di fronte, sopra o sotto la macchina da presa.
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