"Se il tetto venisse applicato qualcuno potrebbe pensare che non è conveniente rimanere nella tv pubblica. Ognuno si farebbe i suoi legittimi conti". Massimo Giletti, conduttore dell'Arena di Raiuno, intervistato dal Corriere della Sera, interviene sulla norma riguardante il tetto degli stipendi ai conduttori Rai.
"Il problema - spiega - non sono gli stipendi dei Vespa, dei Fazio, delle Clerici, dei Giletti. Non conta quanto costa un top player, bisogna guardare i costi e i ricavi di un programma. Questo è un approccio serio e trasparente alla questione. Se si riduce tutto a 'quanto guadagnì, il discorso è superficiale". Il conduttore ricorda che il suo compenso è di "330mila euro lordi, ma con tutti i programmi che faccio posso arrivare a 500mila" ma 'L'Arena' "ha 40 spot pubblicitari e fa oltre il 20% di share". Per Giletti: "I volti dei programmi non sono intercambiabili. Hanno forza mediatica, credibilità, riconoscibilità. I produttori dell"Eredità' o di 'Che tempo che fa' darebbero il loro marchio a uno sconosciuto? Sarebbe un rischio molto alto. Ci sono programmi che sono fortemente identificati con i loro conduttori: alcuni si possono sostituire, ma altri no". Questo ragionamento non comporta automaticamente un addio di Giletti alla tivù di Stato. "Credo che la Rai sia importante per il mio modo di fare televisione, per il senso di libertà che mi dà. Dovrei valutare molto attentamente". Per il conduttore de L'Arena, inoltre, non si può trascurare il fatto che il tetto degli stipendi colpirebbe anche i dirigenti. "Se il tetto viene applicato colpirebbe anche loro. Ha senso che un'azienda che fattura circa 2 miliardi di euro abbia manager pagati così poco?", si chiede Giletti.
"Sarebbe fuori mercato. Il rischio è che l'azienda venga gestita da persone che non sono all'altezza. I vertici vanno pagati bene, poi è giusto che rispondano di quanto fanno", conclude.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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