Smettete di tirare Heidegger per il bavero

Il filosofo un giorno è un nazista, l'altro un anarchico. Colpa degli eccessi interpretativi

Luigi IannoneLe interpretazioni vincolate a ogni possibile variazione sul tema sono una costante per l'opera di Heidegger. E seppure talune sue scelte di vita consentono fenditure in cui è possibile inserire ogni sorta di esame critico, tuttavia ci sono limiti invalicabili di fronte ai quali prima o poi bisognerà pure arrestarsi. E dunque, consumiamo una volta e per tutte la bulimia da spiegazioni postume su ogni singola riga, sul valore filologico o filosofico di un avverbio o di un aggettivo; ma alla fine si metta un punto conclusivo prima che si strutturi un guazzabuglio non più ricomponibile. Ce lo siamo ritrovati prima nichilista; poi nazionalsocialista, grazie ai Quaderni neri; poi, conservatore. Ora è la volta dell'antiliberale e dello strenuo oppositore al pensiero unico. E chissà la prossima volta. L'ultimo libro di Donatella De Cesare, Heidegger & Sons (Bollati Boringhieri), prende in considerazione essenzialmente due fronti: quello dei custodi del pensiero e quello dei «giudici di un passato che condannano alla demolizione». La studiosa, pur adottando una corretta logica interpretativa, che in parte condivido, ricade nell'errore di fondo. Nel commentare sul Corriere questo suo ultimo saggio definisce il filosofo un «rivoluzionario liturgico», una sorta di «extra-parlamentare» delle idee che non entra mai nel mercato della politica (ma, fino a pochi mesi fa, non era un nazista?) ma poi si scatena nelle definizioni. È prassi che per qualsiasi opera complessa, la critica si rifugi in commenti forzati. Con Heidegger c'è un passaggio in più. Egli adopera lessico e codici di tipo poetico, nel tentativo di stravolgere e ribaltare ogni singolo termine. I continui riferimenti a Rilke e Hölderlin ne sono una traccia. Non a caso, questo linguaggio tra l'ermetico e l'onirico, gli è stato contestato proprio perché spiazzante. Ma quella è la sua cifra. Forma e contenuto si confondono perché si impone il compito di liberare da ambiti ristretti «l'idea», per rimuoverla dalla ragione calcolante. Il rimestare nel senso delle parole ha lo stesso valore del contadino che ara la terra.

Indagare nel profondo, dopo che l'uomo si trova «nudo di fronte al niente», è un filosofare che non può scadere nel mercato della politica. Il moloch che Heidegger ha di fronte è la tecnica; per il resto, trattasi solo di epifenomeni rispetto ai quali vecchi e nuovi esegeti tenteranno di incasellarlo.

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