Su quelle «terrazze» c'è il mondo arabo

Sorprende l'ultimo film presentato in concorso. Es-Stouth (Les terrasses) del cineasta algerino Merzak Allouache è una prova di grande forza visiva e di misura narrativa per raccontare l'Algeri di oggi e, con essa, non solo un intero Paese ma tutta un'ampia area geopolitica su cui ancora oggi soffiano venti di guerra. Il tempo del film, una giornata scandita dall'invito alle cinque preghiere quotidiane dei muezzin, è anche quello delle storie che il regista sceglie di raccontarci sulle terrazze rivolte al mare in cima agli edifici di diversi quartieri. I cosiddetti lastrici solari che, da condominiali, in alcuni casi diventano privati e con locazioni temporanee a poco prezzo. Da dove dovrebbe essere più facile toccare il cielo e tendere ad Allah che, invece, per quante volte viene evocato, altrettante è rinnegato. Ecco allora un uomo che viene torturato con il waterboarding, perché non vuole firmare un misterioso documento, sotto l'occhio di qualcuno che scopriamo essere il fratello. Poi un reduce della guerra di liberazione confinato dalla famiglia in una gabbia e legato come un cane dialoga solo con la nipotina che lo libererà per «andare a uccidere colui che l'ha tradito» tanti anni prima. Infine un gruppo di donne che occupano abusivamente la terrazza ma che uccidono il proprietario di casa venute a sfrattarle e una band di ragazzi che utilizzano quegli spazi come sala prove in vista di un'esibizione musicale finché sul terrazzo adiacente si consuma il dramma di una giovane donna che si suicida per via della sua omosessualità.
Il regista mette in scena l'ipocrisia dei comportamenti umani per certi versi universali, anche se tutti molto interni al mondo islamico, come dimostra l'inquietante episodio degli attivisti religiosi e politici che si riuniscono a pregare in terrazza per coprire lo spaccio di droga afghana. O come quello di un capo religioso che, con la scusa di compiere un esorcismo, fa spogliare una ragazza e ne abusa.
Chissà come verrà preso in patria questo film che non risparmia critiche veramente a nessuno, dagli ex comunisti agli arrivisti liberisti, fino agli stessi colleghi del regista nell'episodio caricaturale che vede una troupe al lavoro su un documentario su «Algeri, culla della cultura araba».

Dalla terrazza la vista mozzafiato sulla città e sul mare. Ma in mezzo ci sono anche il cimitero cristiano e quello ebraico. Nessun problema, basta un zig zag della ripresa e le minoranze scompaiono. Non per questo però non esistono.
PArm

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