Vasco: "Ritirarmi? No... Mi sa che faccio un film"

L’artista presenta il cd "L’altra metà del cielo" con i suoi successi reinterpretati per il balletto alla Scala di Milano

Vasco: "Ritirarmi? No... Mi sa che faccio un film"

Dopotutto il nuovo Vasco è solo in questa frase: «Ho scoperto un mondo completamente sconosciuto, fatto di sofferenza e malattia». E per forza oggi, pettinato come Jack Nicholson, più magro anzi più asciutto, inarrestabile come un pugile che sente odor di vittoria, presenta il suo nuovo cd come fosse soltanto una parentesi davanti al futuro prossimo venturo. Però attenzione, lui dice scherzando: «Non pensate che sia il mio nuovo disco perché altrimenti vi annoiate».

In realtà in L’altra metà del cielo, accompagnato da fiati e archi pomposissimi, canta bene (pur con qualche lieve incertezza) i classici come Albachiara o Sally o Delusa per trasformarli nella colonna sonora del balletto in scena alla Scala da martedì. Quindi, testuale: «Mi spoglio del vestito da rockstar, farò tutto per caso, per di più quando voglio pubblico una nuova canzone su feisbùk, farò anche concerti». Intanto si è emozionato.

Ieri, durante la prova generale del balletto coreografato da Martha Clarke, ha seguito con attenzione, poi ha obiettato che la musica fosse troppo bassa e poi è andato oltre, parlando senza freni. Così.

Caro Vasco, tutto sommato debuttare alla Scala fa bene alla salute.
«Sono stato sei mesi dentro una clinica, e avete scritto di tutto. Gli antibiotici mi hanno spezzato le reni. Il mio sistema immunitario era così debole che mi sono preso qualsiasi malattia mi passasse di fianco».

Però è guarito, pare.
«Sono in convalescenza. Se leggo che sono malato, vado da chi lo ha scritto e lo piglio a bastonate. Così potrà farsi un po’ di degenza e capire cos’è la malattia».

Ma nel frattempo...
«Mi sono chiuso per tre mesi dentro “uno stupido hotel” per ricantare le mie vecchie canzoni».

E la voce?
«E’ più colorata dalla sofferenza».

Ha registrato sei brani in un solo pomeriggio.
«...E alla fine ho avuto un attacco di panico, tremavo sul letto per la soddisfazione di avercela fatta».

Attraverso le sue canzoni il balletto racconta tre tipi di donna in quattro momenti della loro vita: adolescenza, maturità, crescita e abbandono. Quasi il copione di un film.
«In effetti è tanto che penso di fare un film».

Però?
«Però voglio fare le cose bene. Ormai sono il più bravo sul palco, non c’è confronto con altri... Vorrei girare un film bene come faccio i concerti. E voglio imparare a recitare come gli americani, con tutto il corpo».

Gli italiani non vanno bene?
«Preferisco gli americani. Tom Cruise pensavo fosse un pirla. Poi ho scoperto che è un fenomeno. Di Caprio recita da dio. Brad Pitt bravissimo. E gli italiani cosa fanno? Mah».

Allora prenderà lezioni di recitazione?
«Ma va, io ho imparato a fare la rockstar guardando le altre rockstar. Io guardo e imparo».

Infatti lei ora si pettina come Jack Nicholson.
«Da diavolo. Diciamo che ho un diavolo per capello. E quindi da due giorni ho imparato a usare il gel».

Scusi, ma le canzoni?
«Ne ho scritta una bellissima per Patty Pravo, La luna».

Quella presentata a Sanremo. E poi rifiutata.
«Patty Pravo a Sanremo non la volevano più vedere dopo la sua performance dell’ultima volta. Ma non ci frega nulla del Festival. Questa canzone diventerà un suo capolavoro».

Nel frattempo, caro Vasco, però ha avuto una tempesta contabile.
«Mi ha chiamato il commercialista dicendo che eravamo in crisi di liquidità. Allora ho detto: adesso riduco l’organizzazione. Per risolvere i problemi ho impiegato tutti i miei risparmi in un colpo solo».

C’è crisi.
«Dicono che non si vendono i cd perché costano cari. Come se i vestiti di Dolce & Gabbana fossero economici».

Più che altro è colpa di internet.
«Dei siti peer to peer. Forse a vent’anni li avrei usati anche io.

Ma sono una porcheria perché i ragazzi non si scambiano roba loro. Ma roba mia e di tutti gli altri cantanti».

A proposito, perché non cantare qui alla Scala?
«Me l’hanno chiesto. Ma io qui non ci devo essere, a parlare per me ci sono le mie donne».

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