Alex in coda per far valere i propri diritti. Quelli che ritiene violati dopo aver urlato al mondo «stavolta non chiedo scusa, stavolta non mi sono dopato». In coda come in tangenziale alle 17. Una fila piena di dopati e contestati e reietti dell'atletica in cerca di riabilitazione. In Svizzera. Al Tas. Il tribunale arbitrale sportivo. Quello a cui si era rivolto il Vale Rossi per altra vicenda. Nelle prossime settimane, prima del caso Schwazer, i giudici arbitrali dovranno infatti visionare e decidere su una ventina di altri fascicoli made in atletica. Doping e dintorni, dunque. Difficile che l'altoatesino e i suoi legali riescano nell'impresa di farsi riabilitare in tempo per Rio che scatta il 5 agosto. Anche per questo il n°1 del Coni Malagò lascia poche speranze. «Schwazer in gara a Rio? Sono uno che la speranza ce l'ha sempre, certo però che la casistica e la storia lasciano intendere un altro tipo di direzione... salvo che si dimostri qualcosa di diverso. Ma è sicuro che Donati è persona molto autorevole», le sue parole. Se non altro Malagò ha avuto ieri la soddisfazione di vedersi recapitare le scuse Iaaf (la federatletica mondiale) per la sciocchezza commessa da un segugio antidoping teutonico calato su Roma, indirizzo Quirinale, per bussare e testare sangue e urine di Elisa Rigaudo durante la cerimonia del portabandiera. «Ho sentito il presidente Coe ed era all'oscuro di tutto. Quanto accaduto è grottesco. Un fatto grave per la mancanza di rispetto istituzionale».
Chiusa la vicenda Quirinale, resta apertissimo il caso Schwazer. Ieri, con una nota, la Fidal è intervenuta sottolineando «di essere ferita per questa nuova positività» di Alex e la propria linea volta al «rispetto delle regole». Questo mentre l'atleta e l'entourage - che tra ieri e oggi hanno depositato denuncia penale contro ignoti - attendono il 28 giugno, quando scatterà la sospensione e, soprattutto, il 5 luglio, data delle controanalisi sul campione sangue-urine. Quello che il 12 maggio, 4 mesi e mezzo dopo l'esame del 1 gennaio risultato negativo, aveva rilevato una presenza minima, ma anomala rispetto al passaporto biologico dell'atleta, di anabolizzanti steroidei. «Da questo controllo» non mi attendo molto» aveva detto l'altra sera Schwazer.
E ieri Sandro Donati, il suo tecnico e paladino della lotta al doping che a Bolzano l'aveva difeso, «Alex paga le mie lotte», ha precisato meglio queste lotte: «Le accuse alla nuova gestione della Wada, il gruppo di dirigenti italiani rifugiati nella Iaaf che vedono in me colui che ha combattuto il sistema dell'ex presidente Nebiolo...». Giallo nel giallo.BCLuc
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