E Inzaghi si risveglia principe (nero)azzurro solo di coppe italiane

Simone ha sfiorato l'obiettivo europeo però non ha (quasi) nulla da rimproverarsi

E Inzaghi si risveglia principe (nero)azzurro solo di coppe italiane
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Non è stata una favola, forse solo uno sgambetto del destino che avrà pensato di essere stato troppo generoso. Del resto chi avrebbe pensato, ad inizio anno, che l'Inter e Inzaghi sarebbero arrivati fino alla notte di Istanbul? Il ritornello suonava così: Simone? Allenatore bravo certo ma... Ma poi c'era chi arricciava il naso: polso debole, troppo amico dei calciatori, tutte quelle bazzecole che dimenticano di guardare il generale e mirano al particolare. L'Inter non sapeva cosa fosse una finale di Champions dai tempi del mito, ormai meno mitico, Mourinho. Ed ha già vinto quattro coppe nostrane in due stagioni. L'ultimo campionato è stato sull'orlo del disastro, è vero, ma rispetto ad anni di magra che il mondo interista ben conosce c'era da inchinarsi davanti ad un tecnico giovane e non così sprovveduto come dall'interno si voleva far credere. L'universo Inter cambia nei nomi e nei personaggi, non certo nel Dna che oscilla tra l'eterno scontento, il rimpianto preventivo, il «pianginismo», l'eccessiva esaltazione. Inzaghi quest'anno, dopo quello scudetto malamente perso a favore del Milan, ha capito che a Milano non basta vincere un derby come a Roma: serve di più molto di più. Chiodi o carboni accesi sotto i piedi sono step da oltrepassare. Quest'anno ne ha trovati diversi: non è stata vita facile, volevano disfarsi di lui se non avesse agguantato il gran finale. Se gli attaccanti avevano mira storta era colpa sua. Se i difensori dormivano, pure. Ingenerosi ma tipicamente da Inter dove il padrone Zhang pare abbia un bel feeling con l'allenatore, ma evidentemente lasciava fare al gruppo dirigente italiano. Al confronto battersi con Guardiola, per una finalona Champions, è stato un gioco da ragazzi. Il City e Guardiola erano il sogno da cui risvegliarsi: con un tonfo e qualche mal di schiena oppure con un bellissimo volo fra le nuvole e fra i grandi allenatori del calcio nostro. Non dimentichiamo che Simone inseguiva l'idea di essere il primo italiano dell'Inter a vincere la Champions.

È stato un sogno. Poi il calcio, materia difficile per chiunque, ha ricreato la realtà: il City più forte. Guardiola, pur considerato un mago, non aveva ancora vinto la Coppa con questa squadra. L'Inter era andata oltre le previsioni. Inzaghi è un re di coppa (italiana), lo dice il pedigrèe: solo Lippi e Capello, per esempio, gli sono pari nelle Supercoppe. Però l'Europa ti gioca scherzi o ti aiuta quando meno te lo aspetti. L'Inter ha esaurito i bonus arrivando alla finale. Eppure Inzaghi, comunque si guardi la storia, non ha perso: forse è stato l'unico vincitore nerazzurro. Sull'orlo dell'esonero è volato al limite della cima europea, a 47 anni e alla partita numero 109 della esperienza milanese.

L'esordio suo in panchina, per una sfida di Champions, risale a soli tre anni fa con la Lazio: 20 ottobre 2020, batte il Borussia Dortmund 3-1. Ieri eccolo in finale. Non è da tutti. «Spiaze» certo che sia finita così. E Inzaghi capirà che all'Inter si vince, si perde, ma alla fine sono sempre guai.

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