Roma - C'è una Champions da sognare e una da conquistare. Per la prima bisogna aspettare altri sei giorni, anche se in ogni angolo della capitale ormai si parla solo della doppia sfida col Liverpool. L'altra ha sicuramente meno fascino ma vale comunque un sacco di soldi, e in attesa di scoprire se la stagione giallorossa si concluderà con una maxi ciliegina rappresenta - a oggi - la torta con cui sfamare il bilancio. Complice un Genoa abbastanza sazio e non meno modesto, la Roma non si è fatta scappare l'occasione di tornare a vincere dopo tre giornate scavalcando di nuovo l'Inter e tenendo il passo della pirotecnica Lazio.
Al termine di una settimana tanto esaltante quanto dispendiosa, e alla vigilia di una trasferta con la Spal che sulla carta presenta qualche insidia in più, Di Francesco decide che è il momento di fare turnover. Rispetto al derby di domenica cambia cinque giocatori (tra cui tutto il centrocampo) e il modulo, tornando all'amato 4-3-3 dopo la fortunatissima parentesi con la difesa a tre. Un azzardo calcolato, perché la Roma non deve spremersi molto per portare la partita dalla sua parte. Le basta palleggiare, cosa che gli avversari non sono in grado di fare, e attendere che l'occasione capiti. Infatti, dopo 17 minuti vivacizzati solo da qualche accelerazione dell'ex El Shaarawy, il gol del vantaggio piove dall'alto, e per la precisione dalla solita parabola perfetta di Kolarov, sulla cui punizione dalla trequarti si avventa Ünder facendo secco Perin da sottomisura.
Se i ritmi non erano alti sullo 0-0, figuriamoci sull'1-0. La squadra di Di Francesco gestisce e nel placido tran-tran perfino Gonalons sembra un altro, meno lontano da quello che eravamo abituati a vedere nel Lione. Bene anche Pellegrini, spettatrice la difesa che rischia qualcosina solo nel finale di primo tempo quando Lapadula non sfrutta le uniche due mezze occasioni, mentre in avanti alla vivacità di Ünder fa da contraltare la poca voglia di Dzeko di spendere energie inutili: l'allenatore non rinuncia mai a lui, ma Edin dà l'impressione di avere la testa già ad Anfield.
La partita sembra finita quando a inizio ripresa Zukanovic, che con la Roma giocò 9 partite, decide di segnare il suo primo gol per i giallorossi un paio d'anni dopo aver lasciato Trigoria: perfetta l'incornata su calcio d'angolo, peccato che la porta sia quella di Perin. A dare un po' di pathos ci pensa Gerson regalando a Pandev un pallone sanguinoso che il macedone trasforma in assist per il 2-1 di Lapadula. A quel punto manca mezzora e il Genoa finalmente si sveglia, tant'è che per evitare la beffa servono anche due parate di Alisson (peraltro non trascendentali) e sull'ultima azione della partita, una punizione dal limite per i grifoni, un brivido corre sulle schiene dei romanisti.
Alla fine però va come tutti immaginavano che andasse, ossia col Genoa che, dopo aver messo al sicuro la salvezza battendo il Crotone domenica scorsa, rimedia la dodicesima
sconfitta consecutiva nell'Olimpico giallorosso dove non va a punti dalla stagione 1994/95. E lo fa col minimo scarto anche perché nei minuti finali Dzeko e Schick ce l'hanno messa proprio tutta per non segnare il terzo gol.
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