L'Inter domina il derby con la firma di Lautaro. Il Milan ora non c'è più

Pioli fa la rivoluzione: primi 45' imbarazzanti. Martinez & C. creano tanto ma non infieriscono

L'Inter domina il derby con la firma di Lautaro. Il Milan ora non c'è più

Non date retta all'1 a 0. Un gol buono, di Lautaro, altri due annullati, comando assoluto del gioco, mai corso rischi. Ecco il florido fatturato dell'Inter che rivince, dopo quello del 18 gennaio a Riad, il secondo consecutivo derby del 2023 e inchioda il Milan a una preoccupante crisi di risultati e di classifica, settima sconfitta, una striscia buia e allarmante che nemmeno il cambio di sistema di gioco ha modificato deciso da Pioli. Pensate: il migliore di casa Milan è il vituperato Tatarusanu, l'unico in grado di evitare un passivo ancora più pesante. Non è una questione squisitamente strategica: c'è un deficit di idee, condizione fisica, sicurezze perse e fragilità emotiva che fa tornare indietro di due anni e mezzo il team rossonero. L'Inter invece veleggia sicura verso il secondo posto che è ormai nei suoi mezzi e nella sua marcia.

Quella di Pioli è una rivoluzione tattica e strategica dai risultati mediocri, avvilente il piano partita. In una settimana si può fare tutto tranne che traslocare da uno schieramento all'altro senza pagare prezzo all'improvvisazione. Due dati all'intervallo illuminano la scena del derby di San Siro: 74% il possesso dell'Inter, zero tiri del Milan, schierato nella sua metà-campo, senza idee né energie, gol di testa di Lautaro su angolo - tanto per cambiare - un paio di parate di Tatarusanu e dominio assoluto neroazzurro a cui viene ceduto il pallino del gioco per scelta che sembra della disperazione. Le assenze in campo rossonero (Bennacer e Tomori i più recenti) pesano ma è il nuovo vestito tattico cucito da Pioli che dimostra il vicolo cieco nel quale si sono cacciati i campioni d'Italia. Krunic e Messias, mezze ali, sono due pesci fuor d'acqua, Gabbia costretto a uscire su Barella, Tonali balla tra Skriniar e altri due o tre rivali, Origi comandato a schermare Calhanoglu, difesa a 5 più che a 3 ma senza garantire solidità.

Simone Inzaghi punta invece sull'Inter più collaudata e affidabile, Dzeko compreso secondo logica e previsione. E deve solo avere pazienza per riuscire a forzare la serratura di latta. Comincia Lautaro a prendere le misure, il più brillante della compagnia neroazzurra dopo pochi minuti, prosegue sempre lui dimostrando che Kjaer è in ritardo nella marcatura. E infatti dopo la mezz'ora ecco cadere dall'albero milanista strattonato dall'assedio interista il frutto dell'1 a 0 strameritato: sull'angolo di Dimarco è Lautaro che si stacca da Kjaer e di testa con torsione perfetta fa centro.

Nella ripresa Pioli conferma lo stesso spartito, cambia solo qualche interprete (prima Diaz, poi Leao e Saelemaekers, quindi Thiaw) senza ottenere nessun risultato degno di nota, se non un paio di punizioni dal limite sprecate dalla discutibile precisione balistica di Theo e Giroud. Inzaghi invece rilancia a dimostrazione che vuol chiudere i conti con Lukaku, Brozovic e Gosens dalla sua sontuosa panchina. Segno che l'Inter si assume l'onere di condurre le danze da cima a fondo, senza timore alcuno, senza calcoli.

Nel frattempo Lautaro è sempre una spina nel fianco della difesa rossonera, ma Tatarusanu sveglio sul suo palo. Lukaku non gli è da meno appena scaldato: in un duello corpo a corpo con Thiaw si strattonano, poi da terra fa centro qualche attimo dopo il fischio di Massa.

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