Altri due gol per fugare anche gli ultimissimi dubbi sulla sua nazionalità. «Quando le cose andavano bene ero il centravanti belga. Quando non girava, tornavo ad essere l'attaccante di origini congolesi». Con la doppietta rifilata ieri alla Tunisia, travolta al di là del punteggio finale, Lukaku è diventato il primo giocatore a segnare due gol in due partite mondiali di fila da Maradona nel 1986. Quattro gol in due partite in Russia (capocannoniere con Ronaldo), 17 nelle ultime 11 partite con la maglia del Belgio. Numeri da top-player, status che la scorsa estate aveva convinto il Manchester United a spendere 75 milioni di sterline per il suo cartellino (nono giocatore di sempre più costoso).
La redenzione finale dopo un'infanzia tribolata. Figlio di Roger, ex calciatore dello Zaire, di recente Lukaku ha raccontato la sua infanzia di privazioni. «Non eravamo solo poveri, siamo proprio falliti. Mangiavamo solo latte e pane, ma ad un certo punto mia mamma ha cominciato ad allungare il latte con l'acqua». Fino al primo crocevia della sua vita, a 13 anni, quando è entrato nel settore giovanile dell'Anderlecht. Da lì in poi Lukaku non si è più girato indietro. Esordio in prima squadra a 16 anni, in nazionale l'anno successivo. A 18 anni la chiamata del Chelsea, i prestiti a West Bromwich e Everton, fino al trasloco all'Old Trafford. Una prima stagione di apprendistato, non così esaltante, solo 16 gol in 34 presenze.
Una delle stelle della generazione d'oro del Belgio. Lungamente attesa e - almeno finora - deludente (rispetto alle attese). Sconfitta ai quarti di finale dei mondiali in Brasile, sorpresa dal Galles agli ultimi Europei. Con l'anagrafe ormai che bussa alla porta, questa è la coppa del Mondo ora o mai più per molti. Forse non per De Bruyne, sicuramente per Hazard, Mertens, Kompany e Vertonghen. I senatori di una squadra in cerca di una collocazione nella storia. Il Belgio ha cominciato il mondiale a fari spenti, nonostante le nove vittorie nei dieci impegni di qualificazione. Il nuovo ct Roberto Martinez ha resisto a critiche e scetticismo prima di conquistare la fiducia di una squadra refrattaria alla disciplina. Anche così si spiega la rinuncia a Radja Nainggolan, sacrificato sull'altare del rigore tattico. Per evitare gli errori del passato. Un'assenza fin qui passata del tutto inosservata: due vittorie in altrettante partite, qualificazione agli ottavi in tasca, 8 gol fatti (miglior attacco del torneo con la Russia), due reti subite.
Numeri che all'improvviso hanno risvegliato l'interesse dei bookmaker: prima scettici, ora fiduciosi sulle possibilità di questo Belgio che coltiva le sue ambizioni su ripartenze fulminee. E su una covata di talenti che inseguono la consacrazione.
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