"È stata l’Onu a truccare le elezioni in Afghanistan"

L’ex numero due dell’organizzazione a Kabul, un americano, accusa il suo capo, un norvegese: «Mi ha ordinato di insabbiare i brogli». «Mi hanno licenziato perché sostenevo che il voto non era regolare»

"È stata l’Onu a truccare le elezioni in Afghanistan"

I brogli per le presidenziali in Afghanistan? Non solo ci sono stati, ma l’Onu li ha pure coperti. La denuncia arriva nientemeno che dall’ex numero due dalla missione delle Nazioni Unite in Afghanistan, che doveva supervisionare il voto e lo spoglio. L’ambasciatore americano Peter Galbraith non ha peli sulla lingua: «Il mio staff possedeva le prove su centinaia di casi di brogli in tutto il paese. Non solo: aveva raccolto informazioni sul voto in alcune province del sud, dove il numero di preferenze era di molto superiore a quello degli aventi diritto».
L’ex numero due dell’Onu a Kabul, costretto alle dimissioni, punta il dito contro il suo capo, Kai Eide, un diplomatico norvegese che ha le spalle ben coperte dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. «In una fase critica del processo elettorale mi è stato intimato di non seguire più la vicenda dei brogli», ha denunciato Galbraight. «Eide ci ha ordinato di non condividere i dati (delle frodi, nda) con altri – sostiene l’ambasciatore -. Inclusa la Commissione per i reclami elettorali, un'istituzione afghana sostenuta dall'Onu che aveva il mandato di indagare sui brogli».
Galbraight ha dichiarato al Times che «l’elezione deve essere decisa matematicamente con un onesto conteggio dei voti e non politicamente». Si vede che alle Nazioni Unite la pensano diversamente. Dopo il suo allontanamento sono cinque i funzionari dell’Onu a Kabul che hanno abbandonato la missione o sono stati costretti a farlo a causa della “copertura” dei brogli.
Il 20 agosto gli afghani sono andati alle urne per eleggere il nuovo presidente. In alcune zone, come l’ostica provincia di Farah, sotto controllo italiano, si sono verificati casi tragicomici. Un capo clan, che ha anche i gradi di generale della polizia, andava in giro a raccogliere i certificati elettorali nei villaggi più a rischio di rappresaglia talebana. Giurava di farlo per la sicurezza della sua tribù, ma alla fine il signore delle schede votava per tutti. Ovviamente a favore di Hamid Karzai, il presidente uscente.
In alcuni distretti il numero di votanti era superiore alla media o agli stessi elettori registrati. In altri casi si è truffato sui voti delle donne. Per Galbraith «è la più grande vittoria strategica dei talebani in otto anni di guerra». I risultati a rischio brogli riguardano soprattutto le province di Kandahar, Paktika, Faryab e Kabul, dove ha vinto Karzai, quelle di Badghis e Ghor, sotto controllo italiano, dove è nettamente in testa il suo rivale tajiko Abdullah Abdullah, e la provincia di Ghazni, dove il terzo classificato, Ramazan Bashardost ha superato lo stesso Karzai.
Nonostante le avvisaglie la Commissione elettorale ha annunciato il 16 settembre la vittoria “ufficiosa” di Karzai con il 54,6% dei voti. Abdullah si è assestato sul 27,7%.
«Abbiamo calcolato che ci sono un milione e mezzo di voti sospetti», ha subito dichiarato Dimitra Ioannou, numero due degli osservatori dell’Unione europea in Afghanistan. Divisi rigorosamente in percentuale fra i candidati più gettonati: 1 milione e 100mila voti per Karzai, 300mila per Abdullah e 100mila per gli altri. Un terzo dei voti, percentuale considerevole, che può fare la differenza fra la vittoria al primo turno di Karzai ed il ricorso al ballottaggio.
La Commissione elettorale per i reclami ha cominciato ieri il riconteggio a campione dei voti relativi a 3063 seggi sospetti. Ci vorrà del tempo ed in caso di ballottaggio si voterà a primavera.

Karzai è tentato dallo stato di emergenza, che gli permetterebbe di governare fino all’annuncio di risultati definitivi. L’opposizione è pronta ad accusarlo di “golpe”. La proposta del rivale Abdullah è di formare un governo ad interim del quale non facciano parte i due contendenti.
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