Il Dna continua a mettere nei guai Luca Bianchini, luomo accusato di essere lo stupratore seriale che, nei mesi scorsi, ha terrorizzato Roma. Oltre alle sue responsabilità accertate per tre casi avvenuti tra aprile e luglio, il ragioniere 33enne potrebbe essere chiamato a rispondere di altre due aggressioni. Il codice genetico appartenente ad altre due donne, infatti, è stato trovato su un paio di pantaloni sequestrati a casa dellindagato. Le vittime non sono state ancora identificate, ma il test parla chiaro e suggerisce che potrebbe trattarsi di stupri mai denunciati.
In questa direzione remano i pm Maria Cordova e Antonella Nespola, che dagli archivi hanno recuperato le denunce contro ignoti relative ad aggressioni avvenute nella Città Eterna di recente. Sarebbero una trentina in tutto. Quello che si cerca di capire, in prima battuta, è se ci sono similitudini con lo «schema» seguito da Bianchini. Di più: una volta scremati i casi sulla base di consonanze con il modus operandi dello stupratore seriale, potrebbe essere chiesto a quelle donne di sottoporsi al test del dna, proprio al fine di verificare corrispondenze con le tracce genetiche trovate sui pantaloni.
Intanto gli avvocati difensori, Bruno Andreozzi e Giorgio Olmi, sono in attesa di conoscere la decisione del gip sulla richiesta di visita medica che hanno inoltrato per il loro cliente. Una mossa che in maniera unanime è ritenuta il preludio a un accertamento di tipo psichiatrico. I pm hanno dato parere negativo, ma è il giudice per le indagini preliminari che dovrà pronunciarsi.
I penalisti, è chiaro, puntano sul riconoscimento della seminfermità mentale, che eviterebbe a Bianchini di dover rispondere di accuse a questo punto pesantissime. Secondo chi indaga, però, il ragioniere è perfettamente lucido e non ha alcun problema mentale. «Basta leggere il suo interrogatorio - dicono in tribunale - ha sempre avuto una giustificazione pronta per ciascuna contestazione che gli è stata fatta. Insomma, non si può dire che abbia agito in questo modo perché in preda a un raptus o perché malato. Altrimenti tutti i maniaci sessuali potrebbero sostenere questa tesi».
Dello stesso identico avviso è Francesco Caroleo Grimaldi, lavvocato che difese la prima vittima dello stupratore e che, 12 anni fa, lo vide assolvere proprio grazie a una perizia che ne sanciva la temporanea incapacità di intendere e di volere. «Se dovesse salvarsi di nuovo dichiarandosi pazzo - taglia corto il legale - potremmo trovarci di fronte a un precedente pericoloso, la china che si prenderebbe diventerebbe preoccupante. Se sosteniamo che uno stupratore o un pedofilo sono malati di mente, quasi a prescindere dal merito delle loro azioni, da come hanno agito e con quanta lucidità lo hanno fatto, allora si creerebbe un brutto clima di impunità».
Per quanto riguarda i tempi del processo al ragioniere, se ne parla senzaltro dopo lestate.
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