Su una cintura le tracce del killer di Sara

La cintura fatta trovare da Michele Misseri è compatibile con i segni sul collo della vittima e con la dinamica dell’omicidio. È questa l’indiscrezione che trapela dal vertice che si è tenuto ieri nel comando provinciale dei carabinieri di Taranto alla presenza del medico legale, Luigi Strada. La cintura, una delle 49 sequestrate dai militari nella grande casa di via Deledda, potrebbe essere l’anello mancante nella catena di ipotesi che si sono accavallate nell’inchiesta sulla tragica fine di Sarah Scazzi: era nascosta nella tasca interna dello sportello della Seat Marbella utilizzata per trasportare il cadavere, è di cuoio bianco, lunga 115 centimetri e larga 3,3. Zio Miché, l’uomo delle tante versioni, l’agricoltore che accusa la figlia Sabrina di aver ucciso sostenendo invece che lui avrebbe occultato il cadavere, afferma che quella è l’arma del delitto. E i primi accertamenti sembrano confermare questa ipotesi anche se la parola definitiva spetta ai carabinieri del Ris: nelle prossime ore toccherà a loro verificare se vi siano tracce della quindicenne e della cugina. E forse quello sarà il tassello decisivo nel mosaico investigativo. In ogni caso le indagini sono approdate a una nuova svolta dopo le parole di Michele Misseri.
L’ultima versione di questo contadino dalle mani callose che rivelano le infinite giornate trascorse a spezzarsi la schiena in campagna, inchioda Sabrina, 22 anni, lei che dopo la prima confessione del padre ripeteva «deve pagare, deve pagare» e diceva «non potrò più chiamarlo papà». Quel pomeriggio del 26 agosto la ragazza avrebbe svegliato il padre che si era addormentato sulla sua sdraio sistemata in cucina. «È successo un casino», avrebbe detto. «Che hai combinato?», avrebbe chiesto lui. E la figlia avrebbe risposto: «È successo, tanto mi stava antipatica». Sabrina respinge le accuse, si proclama innocente, ma nell’interrogatorio di venerdì il padre è stato un fiume in pena, ha parlato tutto d’un fiato, ha confermato di aver abusato del corpo senza vita della nipote nonostante i primi esami dei carabinieri del Ris abbiano escluso la violenza; e sempre lui, zio Miché, ha consentito agli investigatori di trovare, oltre alla cintura, la corda che avrebbe utilizzato per calare Sarah nel pozzo: era nella Opel Astra usata dalla moglie, Cosima Serrano. E così adesso su questa donna silenziosa, sempre vestita di nero, incombono nuove ombre: gli inquirenti sospettano che fosse conoscenza della verità ma non abbia parlato.
In attesa di un possibile incidente probatorio le rivelazioni di Michele Misseri approderanno domani in un’aula processuale, quando il tribunale del Riesame discuterà della richiesta di scarcerazione presentata dalla difesa della figlia. «La nostra strategia non cambia», dice l’avvocato di Sabrina, Vito Russo. Secondo i carabinieri zio Miché in un primo momento si sarebbe addossato tutte le colpe per custodire il terribile segreto di famiglia. Ma venerdì sera l’agricoltore ha deciso di dire tutto dopo un colloquio con il suo avvocato, Daniele Galoppa, e la consulente di parte, Roberta Bruzzone, criminologa e psicologa, che lo avrebbe indotto a confessare dicendo: “Tu volevi bene a Sarah, devi dire la verità”.

Più tardi il contadino ha parlato anche dinanzi ai magistrati, ha raccontato che Sabrina ha strangolato la cugina con una cintura mentre lui è intervenuto dopo: ha sistemato il cadavere in un cartone, lo ha caricato nel portabagagli della Seat Marbella, è andato in un podere che in passato apparteneva alla sua famiglia e ha abusato del corpo senza vita adagiato sotto un albero di fico.

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