Al teatro Libero due storie per un’attrice

Patrizia Milani in scena da mercoledì a fine mese

Carlo Faricciotti

Due storie di donne al Teatro Libero di via Savona 10 in scena da mercoledì al 30 gennaio. Due testi, Gassosa di Roberto Cavosi e Musica a richiesta di Franz Xaver Kroetz, per un’unica interprete, Patrizia Milani, diretta da Cristina Pezzoli in uno spettacolo prodotto dal Teatro Stabile di Bolzano.
Nel testo di Cavosi, meranese, a parlare, anzi a sommergerci di parole, è una madre, che al culmine della propria disperazione ha ucciso il proprio figlio, tossicodipendente. Nel dramma del bavarese Kroetz, alla sua prima rappresentazione italiana dopo la prima a Bolzano, invece, una donna normale, «assolutamente normale, non più bella e giovane, forse mai stata veramente bella, improvvisamente perde i suoi punti di riferimento, le chiavi della sua sicurezza, e precipita nell’afasia più totale per poi uccidersi», come racconta la stessa Milani. In scena la protagonista, la signorina Rasch, non parla mai: rientra a casa, si dedica alle faccende, accende la tv che lascia di sottofondo come fosse una radio. Poi, man mano che l’interesse per il lavoro di casa diminuisce, il lento compiersi del suicidio. Scelte stilistiche da teatro dell’assurdo e da critica sociologica del consumismo che risentono del periodo, gli anni Settanta, in cui Kroetz scrisse il suo testo, ma comunque utili per restituire l’atmosfera. Elemento-chiave della rappresentazione è il piccolo schermo: mentre la donna sprofonda nell’annullamento di sé, la tv trasmette una puntata di Affari tuoi, condotta da Paolo Bonolis...
«Nel testo originale di Kroetz - spiega la Pezzoli - a scandire il tempo era un programma radiofonico, ora l’antidoto alla solitudine della Rasch è la tv. L’ironia è che avevamo chiesto alla Rai una registrazione qualsiasi e c’è arrivata una puntata in cui Bonolis strapazzava una concorrente single per evitare facili confusioni, ne abbiamo chiesto un’altra: stavolta Bonolis se la prendeva con un concorrente altoatesino e alla fine ci siamo tenuti la single, l’abbiamo preso per un segno». Interni quotidiani e familiari anche in Gassosa: una madre prepara una cotoletta, dà un’occhiata al cavolfiore in cottura e intanto racconta: il marito morto in un incidente sul lavoro, un figlio chiamato con affetto «gassosa» («Ne bevevi in continuazione, eri felice») che passa direttamente «da Topolino all’eroina», entra ed esce dalle comunità di recupero, picchia la madre per procurarsi i soldi per la dose, infine viene ucciso dalla madre stessa: «Ti ho vestito, ti ho lavato, pettinato, allacciato le scarpe, cucinato, ti ho corteggiato, finché non ho preso il martello e ti ho spaccato la testa!». Un testo dal finale nerissimo, quello di Cavosi, che sembra ispirato dalla cronaca più recente e infatti nasce su commissione: il direttore artistico dello Stabile di Bolzano, Marco Bernardi, aveva letto sui giornali di un fatto simile, accaduto a Savona, e aveva chiesto a Cavosi di esercitarsi sull’argomento. Il risultato però non è un pezzo di teatro-cronaca, ma un viaggio in un piccolo comune inferno quotidiano: «L’esplosione della violenza parte da una situazione molto reale, come succede tanto spesso oggi. Sono donne normali quelle che uccidono i figli. È una cosa che, anche come madre, mi riguarda.

Mi piacerebbe che il pubblico facesse una riflessione su questa riflessione finale di violenza dopo anni di sopportazione. Come scrive a un certo punto Cavosi “è stato facile: - riflette la regista - ammazzare non è difficile, quando si arriva oltre il limite”».

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