Il tradimento della marcia per la legalità

Dopo un prolungato strepito propagandistico, il governo ha affrontato ieri il mitico «pacchetto sicurezza», ma piagato e piegato dalle sue divisioni interne, ha scelto la strada dell’annuncio e del rinvio. Molti, sindaci e cittadini in testa, s’illudevano che l’esecutivo avrebbe scelto la forma del decreto per dare un segnale forte di contrasto alla malavita diffusa che, con l’apporto significativo dell’immigrazione clandestina, assedia città gradi e piccole. Ma questo governo può mandare soprattutto segnali deboli, più corretto sarebbe chiamarli rantoli, ed ha quindi preferito lo strumento del disegno di legge: si vedrà, poco si potrà, forse nulla si farà. In consiglio dei ministri la sinistra radicale non ha fatto mancare dissenso e astensioni: quando si parla di sicurezza e di legalità, comunisti e verdi hanno sempre attacchi di orticaria. E’ prevedibile che anche in Parlamento il disegno di legge, quando ci arriverà, sarà ritoccato e forse stravolto, anche se contiene misure condivisibili e sollecitate da tempo dai sindaci delle città più esposte.
Milano ha la primogenitura per aver sollecitato da tempo, grazie alla marcia voluta da Letizia Moratti, punti specifici del pacchetto sicurezza, ma non potrà festeggiare nemmeno con un piatto di lenticchie. Sì, il disegno di legge prevede poteri nuovi per sindaci e prefetti, fissa criteri più rigorosi per contrastare accattonaggio, importazione di criminalità, degrado urbano. Ma quando queste norme entreranno in vigore? Questo è il vero nodo.

E poi, non basta inasprire pene e divieti, è necessario che si ridiano alle forze dell’ordine uomini e mezzi che la sciagurata finanziaria 2007 ha ridotto e che quella presentata non restituisce. Milano ha indicato una strada, ma pare che il governo non possa percorrerla.

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