Trovato il corpo di Sara, lo zio confessa

TarantoUccisa e nascosta in un pozzo, abbandonata in un fazzoletto di Puglia che per quasi due mesi ha custodito un segreto orribile. È questa la tragica verità affiorata nella tarda serata di ieri sul destino di Sara Scazzi, 15 anni, scomparsa il 26 agosto ad Avetrana, paese di neanche novemila abitanti dove per lungo tempo si sono accavallate ipotesi che sono state spazzate via all’improvviso dopo l’interrogatorio fiume dello zio, Michele Misseri, che è stato sottoposto a fermo: è il padre di Sabrina, la cugina con cui la quindicenne sarebbe dovuta andare al mare, è l’uomo che ha trovato il cellulare della ragazza, l’uomo che dinanzi alle telecamere piangeva e giurava di non saperne nulla e ripeteva “non c’entro, adesso se la prenderanno con me”. E invece, proprio dopo le sue rivelazioni, i carabinieri hanno fatto luce sulla fine di Sara: il corpo è stato trovato in un terreno poco distante dalla provinciale per Nardò, non molto lontano dal luogo dove era stato rinvenuto il telefono della quindicenne. La svolta c’è stata anche dopo un’intercettazione ambientale, una conversazione in cui si fa riferimento proprio allo zio. Poi l’interrogatorio fiume cominciato alle dieci del mattino e finito a tarda sera.
Il giorno della scomparsa Sara aveva appuntamento con Sabrina e un’altra amica: dovevano trascorrere la giornata al mare, un pomeriggio silenzioso e assolato come tanti. La quindicenne è uscita di casa alle 14,30 per raggiungere l’abitazione della cugina. Ma laggiù non è mai arrivata. Il destino della ragazza s’è perso in 600 metri e dodici minuti perché alle 14,42 il suo telefono risultava spento. E così è scattato l’allarme, sono cominciate le ricerche: qui, in questa fetta della provincia di Taranto, sono accorsi vigili del fuoco, speleologi, agenti a cavallo del corpo forestale dello Stato. Ma della ragazza non c’era alcuna traccia. I carabinieri hanno avviato indagini, la procura di Taranto ha aperto un’inchiesta per sequestro di persona a carico di ignoti, i manifesti della ragazza sono stati sistemati su tutti i muri del paese. Nel frattempo sono spuntate le prime ipotesi. Gli investigatori non hanno tralasciato alcun elemento, tentando di ricostruire la vita di questa ragazzina che sognava di andare via e lasciare Avetrana: è stata esaminata la sua stanza, con i peluche e i poster dei cantanti alle pareti; sono stati controllati i suoi diari, dove la ragazza amava raccontare e raccontarsi; e poi ancora: è stata fatta luce sul suo giro di amicizie, sono state avviate indagini scavando anche nel web dopo la scoperta che la quindicenne chattava e aveva quattro profili facebook. Ma il tassello decisivo in questo complicato mosaico investigativo è stato il ritrovamento del telefono cellulare della ragazza. L’apparecchio è stato recuperato dallo zio in un terreno che aveva ripulito dalle erbacce dando fuoco alle stoppie: l’uomo ha raccontato di essere tornato indietro perché si era accorto di aver dimenticato un cacciavite aggiungendo di aver notato l’apparecchio. «Troppe coincidenze», aveva detto il procuratore di Taranto, Franco Sebastio.

Il telefono era mezzo bruciato, senza scheda né batteria. E dopo gli accertamenti dei carabinieri del Ris è stato chiarito che era stato sistemato laggiù solo poco prima del ritrovamento: un depistaggio, una messinscena crollata ieri sera.

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