Una madre marocchina ha fatto ricorso e il giudice le ha dato ragione: anche i figli dei clandestini vanno accolti. Il Comune ha agito in base alle leggi, ma pare che altre contraddicano quelle norme. Nella culla del diritto, a cavallo del cavillo, si può sostenere tutto. Era, ancora, fatale che il contenzioso alimentasse una polemica politica, c’è anche il sospetto che il caso sia stato scientemente montato, se è vero che la madre marocchina che ha fatto ricorso al giudice avrebbe potuto comunque ottenere l’accoglimento della domanda d’iscrizione, in quanto è in attesa del permesso di soggiorno.
I tempi sono quelli che sono, la predicazione della solidarietà a tutti i costi può diventare un efficace corpo contundente da usare nella lotta politica, specie se rinforzata da sentenze o ordinanze. Ed è per questo che gli esponenti della sinistra che predica le «porte aperte» sparano contro chiunque chieda il rispetto della legalità. I cittadini sono sconcertati. Hanno la sensazione di vivere in un singolare Paese in cui le leggi si scontrano e si elidono. Hanno, inoltre, l’amara certezza che alla fine saranno loro a pagare: o con l’esclusione da servizi che vengono dirottati a soggetti non invitati, o comunque col fardello delle tasse, che picchiano duro, alimentando quella spremitura che gli esperti eufemisticamente chiamano «fiscalità generale». In fondo, i cittadini hanno il torto innegabile di essere «regolari», noti all’anagrafe e al fisco, smarriti in un mondo in cui gli irregolari si muovono con prepotenza, spesso con violenza.
Assistono inermi al degrado di centri storici e periferie e se osano protestare sono iscritti d’ufficio nell’albo dei razzisti.
Strano Paese, il nostro, in cui ognuno - anche chi non dovrebbe stare in casa nostra - ha il diritto di esigere tutto e subito. E le regole, i doveri? Si provvederà domani, sempre che non sia una giornata prefestiva o festiva, o semplicemente una giornata no.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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