Le urla sotto l’albergo degli italiani

«Sotto le macerie dell'albergo Montana ci sono decine di persone. Di molti intrappolati si sentono le urla, ma non esiste ancora alcuna certezza che ci siano anche italiani» riferiscono da Port-au-Prince i membri della squadra avanzata inviata da Roma. «Per circa 180 connazionali abbiamo avuto notizie dirette o indirette che sono in salvo. Al momento risultano 20 dispersi. Testimonianze oculari confermano una vittima, ma per gli altri si nutrono fondati timori» spiegava ieri sera Fabrizio Romano, il capo dell'Unità di crisi del ministero degli Esteri. Da Il Cairo il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha dichiarato che «ci sono tre persone di nazionalità italiana, tra cui due funzionari dell'Onu, per le quali siamo vivamente preoccupati».
Dalle macerie del Montana i soccorritori hanno estratto 23 persone ancora in vita a 48 ore dal sisma, ma si teme che un centinaio di disgraziati sia ancora sepolto. «Li abbiamo trovati durante la notte fra giovedì e venerdì», ha detto l'inviato cileno ad Haiti Juan Gabriel Valdes. L'albergo era una specie di paradiso terrestre frequentato soprattutto da occidentali, compresi gli italiani. La squadra avanzata giunta dall'Italia cerca i dispersi soprattutto all'albergo Montana all'hotel Christopher, il quartier generale dell'Onu e alla villa Privè, un'altra sede delle Nazioni Unite nel centro della capitale raso al suolo. Almeno 3 possibili vittime italiane sono state segnalate l'ultima volta in edifici, che poi sono crollati. Due sono funzionari delle Nazioni Unite sorpresi dal terremoto in ufficio. I feriti, di cui due connazionali sarebbero stati rintracciati, vengono in gran parte trasportati all'ospedale argentino, vicino all'aeroporto, che ha resistito al sisma.
Sicuramente non ce l'ha fatta Gigliola Martino, 70 anni, decana degli italiani residenti ad Haiti: «Siamo corsi subito da lei - racconta tra i singhiozzi Riccardo Vitello, terzo figlio di Gigliola, al giornale Gente d'Italia -. Arrivati sul posto abbiamo cominciato a chiamarla, e solo dopo numerosi tentativi ho sentito la sua voce... un sollievo. Era sotto le macerie, in prossimità della porta, stava scappando quando il tetto è crollato. Abbiamo cominciato a scavare con bastoni, pale... con le mani. A fatica siamo riusciti ad estrarla dalle macerie. Le sue condizioni erano gravissime, aveva perso un braccio e la gamba destra era dilaniata. L'abbiamo portata subito all'ospedale, ma non ce l'ha fatta».
Non si hanno informazioni certe della famiglia Sperduto. Michele, commerciante di prodotti alimentari e Rodolfo, si spera siano vivi. Antonio Sperduto è dato per disperso travolto dalle macerie del Caribbean market, il negozio alimentare di cui era responsabile.
«Non ho notizie di un cuoco italiano, che lavora in un ristorante della capitale» spiega a Il Giornale Elisa Rusciani responsabile ad Haiti del Cesvi, un'ong di Bergamo. Per puro caso Elisa si trovava a Miami, durante il terremoto, ma i suoi genitori erano a Port-au-Prince. Nelle ultime ore sono stati fra i primi italiani ad essere evacuati: «Mio padre lavora all'Unione europea ed era in ufficio durante il sisma. La mamma è uscito sul terrazzo di casa - racconta Elisa - e ha visto una grande nuvola di polvere che avvolgeva la capitale: un'immagine apocalittica. Pensava che papà fosse morto».
Per ore si sono perse le tracce di don Attilio Strà, un missionario salesiano conosciuto da tutti ad Haiti: «L´istituto in cui operava don Attilio è crollato con dentro i 200 allievi che lo frequentavano - dice don Donato Lacedonio, uno dei responsabili dei salesiani a Roma -. Temevamo che potesse essere rimasto sotto le macerie poi un contatto ci ha detto che è salvo, ma ferito».
Gli specialisti della Farnesina, che cercano i dispersi non hanno vita facile: «Per le strade la situazione è tesa e pericolosa - raccontano da Port-au-Prince -. C'è gente che ti lancia sassate, agita bastoni o si butta sotto la macchina per fermarti. Non hanno da mangiare, da bere e sono disperati». In alcuni casi sono stati utilizzati i corpi dei cadaveri per bloccare alcune strade in segno di protesta: «La situazione è catastrofica. Il carcere è crollato. Ci sono 7mila detenuti della peggiore specie e armati in giro per il paese. Inoltre manca l'acqua, la luce ed i viveri. Sappiamo che alcuni italiani sono chiusi nelle loro case perchè hanno paura di uscire» sostiene Mimmo Porpiglia ex console onorario di Haiti in Italia.
Ieri è stato lanciato un appello radio ai connazionali per concentrarsi al consolato onorario nella capitale: «In vista di una eventuale evacuazione» ha spiegato il ministro Frattini. Oggi arriverà il C130 decollato da Pisa con l'ospedale da campo. Cinque tende pneumatiche ed una sala operatoria che saranno montate vicino all'aeroporto. La squadra avanzata di una dozzina di uomini, già sul posto, ha trovato ospitalità e appoggio logistico presso il cantiere della ditta Ghella con sede a Roma.

A Mirebalais, 50 chilometri dalla capitale, ci sono camion, ruspe, gru e pale meccaniche pronte ad entrare in azione. Ieri sono arrivati dall'Italia, nel cantiere italiano trasformato in base, 8 medici, che si occuperanno dell'emergenza.
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