Valencia, tutti a caccia dei segreti di Alinghi

Una imbarcazione costa 5 milioni. Dal 1992, tramontata l’epoca delle leghe leggere, viene usato il carbonio come per lo Stealth, l’aereo invisibile. Sarà così anche per questa edizione in Spagna

Antonio Vettese

Quando la goletta America nel 1851 si presentò al molo di Cowes, sull’isola di Wight nella Manica, per la prima memorabile sfida gli inglesi la guardarono schifati. Per loro non poteva essere una barca da regata, al massimo da pesca. E infatti era una barca da regata costruita con le tecniche delle barche da pesca. Ma correva come un fulmine, primo esemplare di una tecnica nuova, e di una società nuova, che batte una tecnica vecchia. La giovane America batteva la vecchia Inghilterra e da allora la America's Cup è diventata una palestra di tecnologie. Il nuovo vince, quasi sempre. Il nuovo ben portato dagli uomini, ovviamente che restano fondamentali ben oltre i denari e i computer.
In questi giorni nella baia di Valencia si confrontano tecnologie importanti, con i detentori di Alinghi che non hanno ancora impiegato la loro nuova barca in regata. Non solo per vincere, ma semplicemente per essere a pari degli altri, i sindacati sono costretti a cercare la collaborazione di industrie (non è un caso che le industrie automobilistiche siano dei partner importanti) di università, istituti di ricerca. La potenza di calcolo è un bene prezioso: per arrivare a disegnare una carena se ne sperimentano centinaia con i programmi CFD, Computational Fluid Dynamics, valutandone il comportamento al computer prima che in acqua. La sfida degli ultimi anni è stata quella di avvicinare gli strumenti di previsione alla realtà, per evitare la costruzione di scafi inutili.
Qui risiede la vera differenza con la Formula Uno: la macchina e i motori per un team di F1 sono componenti, costano ma li puoi buttare... a mare. Ogni sindacato invece può costruire solo due scafi, ha a disposizione solo due numeri velici e non può fallire. Per inciso ogni scafo completo ha un valore convenzionale di 5 milioni di euro.
Il percorso di un secolo e mezzo di regate può esser letto attraverso i materiali impiegati: dall'antico legno, all'acciaio, alle leghe leggere e poi al carbonio. Il materiale che dal 92 è l'unico usato per costruire le barche di questa regata, al momento il più «esotico», quello che garantisce costruzioni leggere e resistenti. Più leggere del metallo, a pari resistenza. Il carbonio è diventato famoso per l'aereo Stealth, quello nero e invisibile ai radar perché ha pochissime parti metalliche. Ogni progresso nella costruzione si è trasformato in un progresso nella velocità della barca. Per un lettore poco esperto è meglio spiegare quanto sia importante la leggerezza dello scafo e soprattutto di quello che è alle estremità dello scafo nel migliorare la velocità.
In acqua piatta «son buoni tutti» o quasi, nel senso che non ci sono movimenti dello scafo indotti dalle onde che rallentano lo scafo. Con il mare mosso e in condizioni di regata le cose cambiano radicalmente. Due barche nate dallo stesso progetto e stampo di cui una costruita ottimizzando la disposizione dei pesi (in pratica riducendoli ovunque al minimo, salvo il bulbo) e una invece fatta senza troppa attenzione, e quindi sprecando materiale, vanno in maniera sostanzialmente diversa, a ogni onda quella costruita bene guadagna un poco d'acqua e alla fine la regata è vinta. Ecco dov'è anche la gara degli ingegneri strutturalisti: è una gara di grammi e millimetri. Intendiamoci, capita anche che una barca costruita in maniera sopraffina si riveli un tacco, una boa, prima si devono raffinare linee e proporzioni, poi i pesi. Nel 1983 Autralia II aveva sorpreso per le alette che ornavano la chiglia, abbassando il baricentro e creando un particolare effetto idrodinamico. Poi disordinatamente copiate sulle barche da crociera: l'imitazione è stato uno dei peggiori esempi di contaminazione tra sport e industria. Ma quella era ancora una barca dell'era metallica: costruita con leghe leggere «avio». Materiali aeronautici che erano stati usati molto anche prima della guerra sulle barche di sir Thomas Murdoch Sopwith, quello dei mitici Camel, uno che ha bruciato molte sterline sotto la doccia della Coppa investendo sugli Endeavour. Una delle sue barche è ancora stupenda e navigante, totalmente ricostruita (di originale vero resta qualche pezzo di ferro qua e là).
Nell'87 i neozelandesi, era l'inizio del dream team che ha cresciuto Russell Coutts e compagni, si schierarono con una barca di vetroresina, unica contro le sorelle di lega leggera. Era velocissima, Dennis Conner ne ordinò numerosi carotaggi (buchi per verificare lo spessore) perché la considerava illegale. Ma i kiwi continuavano a vincere. Il timoniere era il giovane Chris Dickson; prima di incontrare Conner vinse trentasette regate su trentotto incontri.

Il tappezziere di San Diego per batterlo usò due armi: la sua determinazione ed esperienza, ma anche le modifiche a Stars & Stripes cui tagliò la poppa per saldarne una più potente (cioè larga, immersa) che gli garantiva più velocità con vento forte. Vittoria dell'idea sul materiale e la struttura. E adesso tocca a Valencia.

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