Vent’anni dopo l’89 il muro sta ancora crollando. Non sono i sondaggi a indicare la fine della sinistra. Non c’è più nulla del passato che sia rimasto in piedi. Gli operai, l’Emilia rossa, gli intellettuali cominciano a guardare da altre parti. Sul suo nuovo giornale, Piero Sansonetti proclama che la sinistra, tutta quanta, è da buttare. Gli operai di Pomigliano d’Arco guidati dai Cobas rovesciano il palco dal quale stava parlando il più radical dei sindacalisti della Cgil, il capo della Fiom Gianni Rinaldini. Claudio Magris, raffinato intellettuale mitteleuropeo, se ne va con Di Pietro assieme a Camilleri, l’inventore del commissario Moltalbano, e al poeta Valerio Magrelli. C’è chi dice che anche Umberto Eco non ne possa più di questa sinistra.
Se volete leggere un testo di dura critica della globalizzazione, dovete prendere tra le mani uno degli ultimi libri di Giulio Tremonti dimenticando quelli scritti dai dirigenti della sinistra che scoprirono il liberismo nel momento in cui entrava in crisi. Tutto è cominciato in una serata di inizio autunno quando il segretario del Pci, Achille Occhetto, di fronte ai partigiani riuniti alla Bolognina, annuncia la fine di una storia. È il big bang della politica italiana. A sinistra è una svolta storica, un dolore per tanti, una festa per molti. Il più clamoroso dramma politico del dopoguerra si consuma in pochi minuti e dura tuttora. Senza una narrazione e un'autocritica. Un mondo antico si piega alla novità ma non si spiega. E' da allora, da quel gesto necessario e inevitabile, che la sinistra ha smarrito la strada.
Caduto l’universo simbolico comunista, rifiutato quello socialdemocratico, la sinistra è caduta in preda all’anarchia culturale. Persino il carattere drammatico di una storia che si sta consumando si è rovesciato nel suo contrario. Chissà che cosa penserebbe Carlo Marx oggi guardando come la sua profezia, «una risata vi seppellirà», viene applicata da molti militanti agli innumerevoli e incomprensibili girotondi della vecchia sinistra. Mentre tutto attorno a sé cambiava, la sinistra italiana ha cercato la scorciatoia nelle sue numerose metamorfosi. Nelle sezioni c’erano gli stessi compagni che ogni due anni venivano costretti a cambiare la targa.
Un vecchio militante mi disse al tempo di Occhetto: «Se il partito ha deciso di sciogliersi ha ragione il partito». Per anni questa frase ha rincuorato gli iscritti e ha serrato le fila finché molti si sono stufati e hanno cominciato a starsene a casa o a votare dall’altra parte. Sono crollati in pochi anni il mito del lavoro, il mito della solidarietà, il mito del partito. Il divorzio dalla classe operaia è stato brusco ma largamente annunciato visto che fin dal ’93 uno studio Fiom aveva rivelato che molti operai del Nord votavano per la Lega. Ma la sinistra aveva abbandonato le fabbriche alla ricerca di nuove basi sociali che non ha mai più trovato.
Le tute blu non sono state sostituite dai ricercatori, da quelli delle partite Iva o dai ragazzi dei call center. La retorica della solidarietà si è scontrata con la crescita di periferie urbane affollate di immigrati che entravano in conflitto con i residenti. Nelle sezioni del Pd dell’Emilia Romagna o di Milano oggi si raccoglierebbero più consensi alla linea favorevole ai respingimenti di Sergio Chiamparino che alle accuse di Dario Franceschini. Solo chi ha vissuto per anni nella sinistra o l’ha osservata da vicino può capire la ferita rappresentata dalla fine dell’idea di partito. È un universo comunitario che è venuto meno portando via con sé relazioni cementate da anni, intrecci familiari, consuetudini antiche. Oggi il dirigente più bravo non è quello che ascolta ma il facilitatore di pratiche, quello che sa tutto di appalti, di banche e di amministrazione. Persino l'antica divisione fra riformisti e massimalisti ha perso senso. A sinistra si fanno e si disfano alleanze in cui estremismo e moderatismo un tempo divisi vanno a braccetto.
L’ex gruppo dirigente di Rifondazione comunista che due anni fa rifiutò ogni intesa con la Costituente socialista oggi si allea con ciò che rimane di quel progetto. Non sono più le risse interne al Pd ad appassionare i delusi della sinistra. A furia di proclamare la necessità di andare «oltre» sta succedendo che molti cittadini con il cuore a sinistra se ne sono andati «oltre» per i fatti loro. Il partito è rimasto solo come fabbrica di «ego-mostri», dirigenti uguali nel tempo che producono cloni impresentabili.
Scriveva Aldo Cazzullo, un acuto giornalista del Corriere della sera nel libro «Outlet Italia»: «La sinistra comunica un senso di diversità, di primato morale, di distinzione aristocratica nei confronti del resto dell’umanità, che comporta la vocazione alla minoranza: noi siamo migliori di voi». Il dramma è che non ci crede più nessuno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.