Mentre il governo Prodi magnifica liberalizzazioni tutte da verificare alla prova dei fatti, la Camera dei deputati pubblica il «Rapporto 2006 sulla legislazione tra Stato, Regioni e Unione europea», ricco di numeri che fanno riflettere. Ai tempi della Prima Repubblica, i presidenti delle Camere andavano fieri del fatto che i due rami del Parlamento sfornavano leggi di continuo. Erano convinti in perfetta buona fede che l'elevata produttività legislativa fosse la cartina di tornasole della funzionalità delle istituzioni parlamentari. Ma se diamo uno sguardo all'Europa, ci rendiamo conto che è vero esattamente l'opposto.
E allora, tanto per cominciare, diamo qualche numero. Le leggi approvate nel 2005 sono state 104 in Francia, 131 in Germania, 24 nel Regno Unito e 36 in Spagna. In Italia, invece, le cose vanno in tutt'altro modo. È interessante mettere a confronto le leggi approvate nelle ultime due legislature. E cioè nella XIII, quando il centrosinistra era al potere, e nella XVI, quando Silvio Berlusconi è stato presidente del Consiglio per tutti i cinque anni della legislatura. Si tratta di dati istruttivi. Infatti nella XIII legislatura gli atti normativi di rango primario o derivanti da processi di delegificazione sono stati 1.667, mentre nella XIV sono scesi a 1.323. Se ragionassimo con la mentalità di una volta dovremmo concludere che il centrosinistra ha battuto il centrodestra. Ma in realtà è vero il contrario.
Sì, perché le liberalizzazioni delle quali si parla in questi giorni possono essere fuorvianti se chi governa risente dei richiami della foresta di una sinistra che perde il pelo ma non il vizio dello statalismo a oltranza. A parte un certo dannunzianesimo d'annata, secondo il quale il verbo è tutto, e perciò fatta la legge, risolto ogni problema, resta il fatto che è tipico della sinistra non avere nessuna fiducia nei cittadini. Tant'è che li tratta da sudditi. Per il loro bene, si capisce. Vanno guidati, insomma, dalla culla in avanti. A tale scopo occorrono leggi a gogò. Ma, così facendo, i cittadini finiscono inevitabilmente come Gulliver. Sono avvolti da una rete, da un reticolato normativo, che non lascia loro libertà di manovra. Con il bel risultato, quando si dice l'eterogenesi dei fini, che l'economia anziché al galoppo, procede nella migliore delle ipotesi al piccolo trotto. In barba alle sventolate liberalizzazioni. Ma c'è di più. L'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, la cosiddetta legge di semplificazione, contiene una norma «taglialeggi». Esso delega il governo a una procedura intesa alla individuazione delle disposizioni legislative statali, pubblicate in data anteriore al 1° gennaio 1970, delle quali si considera indispensabile la permanenza in vigore. Una volta decorso il termine per l'esercizio della delega, sono abrogate tutte le disposizioni legislative statali pubblicate prima del 1970, con poche eccezioni. E nell'esercizio della delega il governo si avvale dei risultati dell'attività di informatizzazione della legislazione vigente, prevista dall'articolo 107 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Ecco, non ci meraviglieremmo se il governo Prodi si vantasse di un merito che spetta invece al ministero Berlusconi.
Che poi quel bene prezioso rappresentato dalla certezza del diritto stia più a cuore alla Casa delle libertà che all'Unione, lo prova un dato di fatto incontrovertibile. Le disposizioni che prevedono l'emanazione di testi unici sono state 22 nella XIII legislatura e 48 nella XIV. Mentre i testi unici sono stati rispettivamente 8 e 18.
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