Ma la vera lobby occulta è quella di pm e sinistra

Un altro membro del governo, il sottosegretario Giacomo Caliendo, indagato per la cosiddetta P3, per i magistrati un’associazione segreta, per altri una semplice lobby, per altri ancora un gruppo di faccendieri con amicizie politiche che si è agitato molto e ha concluso poco o nulla.

Usciti dal clamore mediatico e dalla guerriglia politica forse se ne capirà di più, e non dimentichiamo che, salvo Licio Gelli, tutti i membri della famigerata P2 sono stati assolti dalle accuse. Già, perché si può porre il confine tra la politica e la carboneria? Si possono limitare i diritti della politica di discutere su come cambiare il corso delle cose? Di mettersi d'accordo per nominare Tizio invece che Caio in un certo posto, di cercare garanzie che un investimento su un settore strategico, come per esempio l'eolico, vada a buon fine?
Se la risposta è che la politica ha questi diritti, allora nulla è segreto e vale solo il codice penale. Se invece pensiamo che questi diritti non esistano, be’ allora sarebbero tante le inchieste da avviare.

La prima proprio sui giudici, che in quanto casta costituiscono la più potente lobby del Paese. Per spartirsi il potere dentro il Csm, ai vertici di procure e uffici giudiziari, cosa fanno le toghe se non tramare una banda contro l’altra, accordarsi, spartirsi posti e inchieste? E dove avvengono queste discussioni? Non certo nel plenum del Csm, bensì lontano da orecchie indiscrete in case private, ai ristoranti, passeggiando per strada. Sì, il Csm è un’associazione segreta, molto più pericolosa della P3, perché gode di totale immunità ed è in grado di infierire su altri poteri dello Stato, condizionandone scelte e organici.

E guarda caso questa P-Giudici non ipotizzò il reato di associazione segreta quando l'allora capo del Pd, Fassino, tramò al telefono con Consorte, capo della Unipol, D’Alema e giornalisti dell'Unità per scalare la Bnl e modificare gli assetti finanziari del Paese. Quel «abbiamo una banca» non costituisce un attentato al libero mercato.

Così come non è ritenuto segreto l'intreccio di accordi tra politica e potere che ha permesso nelle regioni rosse il monopolio commerciale e imprenditoriale delle Coop, con dirigenti che passano dal partito alle amministrazioni e da queste alle aziende senza destare il minimo sospetto o scandalo. C’è un imprenditore, Caprotti della Esselunga, che da anni denuncia la mafia segreta, ma poi non tanto, delle coop senza che a un giudice venga voglia di aprire un’inchiesta. E che dire del fatto che, sempre nelle regioni rosse, il settanta per cento del sistema assicurativo sia affidato all’amica Unipol?

È evidente anche a un bambino che dietro queste vicende ci sono accordi e segreti indicibili. Sì, nella compagnia della P3 ci saranno stati anche mascalzoni e pasticcioni.

Ma attenti a non cadere nel tranello, perché la vera associazione segreta, antidemocratica e golpista è quella che si muove sull'asse magistrati-sinistra e che vuole salire al potere senza passare dalle urne. Dio ce ne scampi, meglio Verdini.

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