Koyo Kouoh dirigerà nel 2026 la Biennale Arte

Sarà lei, prima donna africana in questo ruolo, a curare la 61esima Esposizione internazionale d’Arte del 2026

Koyo Kouoh dirigerà nel 2026 la Biennale Arte
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È Koyo Kouoh (foto) la nuova direttrice del settore Arti Visive della Biennale di Venezia: sarà lei, prima donna africana in questo ruolo, a curare la 61esima Esposizione internazionale d’Arte del 2026. Lo ha deciso ieri mattina il cda della Biennale, su proposta del presidente Pietrangelo Buttafuoco. Kouoh, 56 anni, nata in Camerun e cresciuta in Svizzera, da cinque anni è direttrice esecutiva e chief curator del prestigioso Zeitz Museum of Contemporary Art Africa a Città del Capo, in Sudafrica. «La nomina di Koyo Kouoh è la cognizione di un orizzonte ampio di visione nel sorgere di un giorno prodigo di parole e occhi nuovi - ha detto il presidente Buttafuoco -. Il suo sguardo di curatrice, studiosa e protagonista nella scena pubblica incontra, infatti, le intelligenze più raffinate, giovani e dirompenti. Con lei qui a Venezia, La Biennale conferma quel che da oltre un secolo offre al mondo: essere la casa del futuro». Denso di riconoscenza e già rivolto al lavoro da svolgere il commento della neodirettrice: «È un onore e un privilegio unici seguire le orme degli illustri predecessori nel ruolo di direttore artistico e creare una mostra che spero possa avere un significato per il mondo in cui viviamo attualmente e, cosa più importante, per il mondo che vogliamo costruire. Gli artisti sono i visionari e gli scienziati sociali che ci permettono di riflettere e proiettare in modi che solo questa professione consente. Sono profondamente grata al Consiglio di amministrazione della Biennale e in particolare al suo presidente, Pietrangelo Buttafuoco, per avermi affidato questa missione così importante e non vedo l’ora di lavorare con l’intero team». La nomina ha colto di sorpresa gli osservatori italiani (tanti avevano scommesso su Arturo Galansino, direttore generale di Palazzo Strozzi) e ha positivamente sorpreso all’estero: Philip Oltermann, sul Guardian, ha subito elogiato la scelta di Buttafuoco, «all’altezza della sua reputazione di conservatore eccentrico e di libero pensatore, con un debole per la mistica» e capace di smentire «chi si aspettava una china più nazionalistica della Biennale sotto il governo Meloni».

Definita già dieci anni fa dal New York Times «tra i preminenti curatori africani» e inserita più volte da ArtReview nella lista delle cento persone più influenti nel mondo dell’arte contemporanea, Kouoh ha alle spalle solidi studi tra Svizzera e Francia in Business administration e Management della cultura ed è poliglotta (parla francese, tedesco, inglese e italiano).

Ha affinato la sua curatela – attenta alla creatività africana, alla diaspora, al femminismo e alla rappresentazione delle minoranze - nella vivace scena di Dakar, in Senegal, dove, nel ruolo di direttrice artistica e fondatrice del Raw Material Company, ha proposto, non senza scontri con la comunità locale più intransigente, mostre su temi complessi, quali quelli legati ai diritti civili della comunità Lgbt. Kouoh ha fatto parte anche del team curatoriale di documenta nel 2007 e nel 2012 e nel 2020 ha ricevuto il Grand Prix Meret Oppenheim, prestigioso premio svizzero nel campo delle arti.

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