Gentilissima Sig.ra Braghieri, penso che sia troppo facile parlare dei propri successi in campo amoroso, per cui riferirò di una mia orrenda debacle, per la quale tuttora, a distanza di vari decenni provo vergogna ed acerrimo rimpianto. Eravamo nel pieno degli anni 80, ero all’università e stavo preparando la tesi: entrai in contatto con una tale Cinzia (non è il vero nome) anch’essa laureanda alle prese con una tesi di argomento affine al mio. Iniziammo a collaborare e si sviluppò tra noi un feeling che sembrava andare al di là dello studio. Cinzia era una delle studentesse più avvenenti e corteggiate della facoltà, una specie di Claudia Cardinale venticinquenne, il che è tutto dire.
Benché all’inizio mi sembrasse impossibile, il suo atteggiamento sempre più affettuoso mi costrinse ad arrendermi all’evidenza: le interessavo. Non che fossi un brutto ragazzo, solo che la timidezza e l’assoluta mancanza di savoir faire mi avevano da sempre causato scarsissimo successo con le donne. E adesso avevo fatto un terno al lotto. Un giorno Cinzia mi invitò a cena a casa sua e appena entrati mi disse che voleva fare una doccia; dopo dieci minuti si presentò con indosso solo una sottoveste con la quale era un’autentica bomba sexy.
Non ho mai capito cosa successe nel mio cervello, forse una specie di corto circuito; fui colto dal panico, un terrore di non essere all’altezza, fatto sta che escogitai un tragicomico pretesto e me ne andai, letteralmente fuggii. Va da sé che poi stetti malissimo, immaginai che mi avesse considerato gay o affetto da chissà quali difficoltà in ambito sessuale. Naturalmente non volle più saperne di me, malgrado qualche mio goffo tentativo di riparare. Sono arrivato alla conclusione che si trattò di una sorta di ansia da prestazione per così dire «preventiva». Un caro saluto. Andrea
Simpaticissimo Andrea, grazie per aver condiviso una cocente debacle. Penso che la vita di tutti noi sia disseminata di occasioni mancate e ancor più, per quanto riguarda gli uomini in particolare, di ansie da prestazione che almeno una volta hanno indotto alla fuga. Dal momento che, a distanza di decenni, l’episodio continua a «tormentarla» ma anche ad essere l’unico ricordo nefasto in una «carriera sessuale» evidentemente sana e risolta, le dirò che avere una Cinzia alla quale ripensare ogni tanto può anche non essere così male.
L’ha fatta entrare in contatto con un senso del limite e con una gamma di emozioni che diversamente non avrebbe mai sperimentato. Senza contare che trovarsi davanti una «Cardinale venticinquenne» avrebbe messo in difficoltà chiunque.
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