“Governo razzista”, “Volete fare i padroni a casa nostra”. L’immigrato attacca l'Italia, il sindaco lo gela così

L'immigrato in studio accusa l'esecutivo di essere "razzista". Dura la replica della Sardone: "Ma cosa stai dicendo, non offenderci"

“Governo razzista”, “Volete fare i padroni a casa nostra”. L’immigrato attacca l'Italia, il sindaco lo gela così
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Scintille a Dritto e Rovescio sul tema dell’immigrazione irregolare legata alla crisi dell’occupazione in Italia. Il conduttore di Rete 4, Paolo Del Debbio, è costretto a intervenire tra l’immigrato in studio e Silvia Sardone, esponente leghista all’Europarlamento. Con il primo che accusa il governo guidato da Giorgia Meloni di essere niente meno che “razzista” e la seconda che risponde a tono a ogni singola stoccata. Protagonista del diverbio anche il sindaco di un piccolo comune della provincia di Bergamo.

È proprio quest’ultimo a lanciare la prima accusa. “I piccoli paesi di montagna hanno la sfortuna di avere le caserme dei carabinieri lontane. Io che faccio il sindaco e la vivo personalmente – spiega – posso dire che in questi centri per migranti litigano sempre”, esordisce il primo cittadino. Che poi rincara la dose: “Se non vogliono rimanere in questi centri – dice riferendosi ai migranti - prendono i pullman, non pagano il biglietto e in più hanno mandato all’ospedale due autisti”. Loro, secondo il sindaco, “vogliono fare i padroni a casa nostra”.

La risposta dell’immigrato in studio non tarda ad arrivare. “Io sento che queto governo è molto razzista. “Ma dove?”, rilancia subito la Sardone evidentemente stupita dall’affermazione. “Ma cosa stai dicendo: questo governo giudica le persone in base al fatto se sono delinquenti o meno”. “Non interrompa e non offenderci, contrattacca l’immigrato in studio. Partono i fischi dallo studio. Le teoria portate avanti dall’immigrato non convincono gli ospiti di Dritto e Rovescio. La situazione diventa sempre più infuocata e l’intervento del conduttore è d’obbligo: “Lasciamo parlare tutti”.

“Guarda io non tocco più l’argomento, tanto per sentirmi fischiare.

Ma il sindaco dice che non lavoriamo, ma se non abbiamo i documenti come facciamo a lavorare? Non siete capaci di fare una legge e un investimento sull’integrazione”, spiega l’immigrato. Da qui la conclusione del condirettore di Libero, Pietro Senaldi, che prova a ridimensionare il problema: “Ma se non c’è il lavoro per venti italiani, come fa ad esserci per 60 migranti?”.

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