Caro Feltri, a dicembre molte abitazioni italiane vengono adornate con uno dei simboli natalizi tipico degli ultimi anni: il Babbo Natale appeso alla finestra. Mi pare una stonatura la sua presenza in una dimora tra le brume padane o sulla costa tirrenica. Non ho mai capito se si intende rappresentarlo mentre cerca di entrare nelle case italiane non per portare qualche dono ma qualche bella notizia di cui avremmo tanto bisogno, o se invece se ne esce schifato per aver magari intravisto un albero natalizio plastificato (ma non viviamo già troppo sommersi dalla plastica?). Forse Babbo Natale vorrebbe portare in dono qualche bel tomo, convinto anche lui che leggere è un'arte in via di estinzione e i libri sono specchi in cui troviamo solo ciò che abbiamo dentro di noi, la lettura coinvolge mente e cuore, due merci sempre più rare. Nell'attesa della fondazione del movimento di liberazione dei Babbo Natale penzolanti, dopo quello dei nani da giardino, chiedo: qual è il più bel regalo natalizio ricevuto e quale sarebbe auspicabile ricevere?
Mauro Luglio
Caro Mauro, quando ero piccolo, era il Bambino Gesù a recare i doni e non Babbo Natale, nei confronti del quale comunque non nutro alcun tipo di acredine. Ad un certo punto ha fatto irruzione questa idea contemporanea che si è imposta poi come tradizione, ovvero quella che a lasciare i regali sotto l’albero sia codesto anziano signore barbuto e canuto, particolarmente generoso, proveniente dal freddo Nord, il quale, a bordo di una slitta trainata da decine e decine di renne, volando nei cieli di tutto il mondo, compie ogni anno, in un’unica e impegnativa nottata, la sua azione di bene. Forse Babbo Natale è l’unica persona che lavori soltanto un giorno, anzi solo mezza giornata, su 365. Potremmo invidiarlo per questo, se non fosse che la faticaccia di quella sera compensa l’ozio di tutto il resto dell’anno, sempre ammesso che il nonno in questione non sgobbi anche nella restante parte. Del resto, visionare milioni, anzi miliardi di letterine a lui personalmente indirizzate non è un impegno gravoso? E fabbricare o comprare o comunque racimolare tutti questi regali, esaudendo precisi desideri e attenendosi a scrupolose indicazioni, deve essere proprio una scocciatura. Peraltro nessuno mai si è preoccupato o occupato dei compensi di Babbo Natale, il quale non è escluso che si possa rivolgere a Landini e scioperare per questo Natale ormai alle porte, considerato che lo sciopero è attualmente così in voga, tanto che la settimana lavorativa è divenuta più corta.
Ma bando alle ciance e alle osservazioni un po’ paradossali. Io penso che regalare un libro sia sempre una buona cosa, però dipende pure dal libro, che deve, per argomento e tipologia, incontrare in qualche modo i gusti e le preferenze di chi lo riceverà, affinché esso non si trasformi in un complemento di arredo, in un soprammobile o in un fermacarte.
Magari si potrebbe in tale maniera contrastare quel triste fenomeno dell’analfabetismo funzionale, i cui ultimi dati, proprio di recente, ci hanno impressionato. Non esiste che un antidoto all’ignoranza: leggere, leggere e poi ancora leggere. E tu osserverai: «Ok, direttore, ma se gli italiani non sembrano in grado di comprendere e decifrare ciò che leggono, a cosa diavolo può servire farlo?». Ebbene, potrebbe servire se non altro a fare loro chiudere il becco. Mentre leggi non puoi parlare, ci hai pensato? Hai bisogno di silenzio e di fare silenzio. E quindi si direbbero meno sciocchezze. Non trovi?
Non intendo adesso fare la parte della Miss di turno che partecipa al concorso di bellezza, ma io per questo Natale, o almeno per l’anno nuovo, vorrei «la pace nel mondo», ossia la fine della guerra in Ucraina. E sono convinto che, grazie all’intervento di un altro nonno, non di quello con la barba bianca e riccioluta che viene dal Polo Nord, si possa realizzare. Vada sé che mi riferisco al neoeletto presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Mi domandi quale sia il regalo natalizio più bello che abbia mai ricevuto. E ti ringrazio per il quesito, che mi ha riportato indietro con la memoria di una settantina d’anni. Era Natale quando mia madre mi fece dono di un gattino, tigrato, tenero, minuscolo. Lo chiamai Mario, nome insolito per un animale, lo riconosco, ma in qualche modo gli calzava proprio bene. Io e Mario diventammo grandi amici e da quella magica notte, la prima in cui dormimmo insieme, non ci separammo mai più finché Mario non mi lasciò.
Da allora, più o meno continuativamente, riposo con un micio sul mio letto, compagnia discreta ma importante. Non russa, non tira le coperte e neppure improvvisi calci sotto le lenzuola. Devo ammettere che preferisco di gran lunga la compagnia di un micio a quella di una donna.
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