I punti chiave
- La Lazio di Baroni va come un treno (8)
- Fiorentina, il miracolo di Palladino (7)
- Inter, l’anti-Napoli è servita (7)
- Ranieri si è preso la Roma (7)
- Atalanta, è davvero l’anno giusto? (6,5)
- Milan, stupido tirare i remi in barca (5)
- Conte, il tuo Napoli si è inceppato (5)
- Juve, senza gioco non c’è futuro (4,5)
La Serie A 2024/25 assomiglia sempre di più ad un romanzo di quelli belli, che vorresti non finisse mai. Mentre altrove in Europa le cose sembrano già scritte, alle nostre latitudini non sai mai quel che può succedere. Alzi la mano chi di voi si sarebbe aspettato che, alla 15a giornata, le prime cinque sarebbero state racchiuse in tre soli punti e che, se la Fiorentina battesse l’Inter nel recupero, in testa potrebbero ritrovarsi la Viola e la Dea. Assenti ingiustificate, per ragioni diverse, sono Juventus e Milan, uscite con parecchie recriminazioni dai rispettivi incontri. Aggiungi la consacrazione di Ranieri all’Olimpico ed il campionato più combattuto al mondo è servito. Trovate tutto nel nostro solito pagellone del lunedì. Buon divertimento.
La Lazio di Baroni va come un treno (8)
Dopo aver battuto due volte in tre giorni la ex capolista, sfido chiunque a dire che la Lazio non si merita di essere considerata tra le candidate allo scudetto. Se la cosa farà scattare gesti scaramantici irripetibili all’ombra del Cupolone, la mentalità e la concretezza del gruppo di Baroni sono tali da convincere chiunque. La cosa che fa più impressione, però, è la personalità del tecnico che, invece di accontentarsi di un pareggio, ributta in campo i protagonisti della vittoria di Coppa per portare a casa i tre punti. Noslin e Pedro non lo deludono ed apparecchiano l’occasione che Isaksen non si lascia sfuggire, conquistando il terzo posto. Dopo le tante prestazioni mediocri, altri tecnici avrebbero tenuto in panchina il danese: Baroni ha creduto in lui ed è stato ripagato.
La difesa guidata da un Gila che annulla Lukaku e dalla coppia Romagnoli-Tavares, fa passare una serata tranquilla a Provedel mentre Guendouzi e Dele-Bashiru corrono come pochi, sfiorando pure il gol con una cannonata dalla distanza. Non tutto ha girato al meglio: Dia vagava senza meta mentre Castellanos lavora tanto ma è impreciso in area. Per fortuna Zaccagni vede e provvede, con Isaksen che aggiunge tecnica e fisicità. La Lazio non è arrivata da quelle parti per caso: il lavoro di Baroni dal punto di vista tattico e psicologico è stato magistrale, visto che le Aquile ora giocano sempre con coraggio e grinta. I passi falsi del passato sono dimenticati: ora la Lazio va come un treno ed ha voglia di sognare in grande. A questo punto, tutto è possibile.
Fiorentina, il miracolo di Palladino (7)
Firenze è una piazza strana, dove è normale cercare il pelo nell’uovo e criticare sempre tutto e tutti. Eppure, il gran lavoro compiuto da Palladino è riuscito nell’impossibile: mettere d’accordo tutti e far sognare una tifoseria affamata di vittorie come quella viola. La gara del Franchi non è di quelle memorabili ma esser riusciti a piegare un Cagliari quadrato e mai domo è un mezzo miracolo, visto che la Fiorentina di solito gare del genere non riusciva mai a portarsele a casa. Farlo, poi, rinunciando a due pezzi da novanta come Kean e Colpani e dopo l’addio di Bove è un qualcosa di quasi incredibile. La differenza la fa una difesa quasi perfetta, con un Comuzzo insuperabile ed un Ranieri che si mette dietro il disastro di Empoli facendo a gara con Dodò in quanto a corsa.
Non tutto gira al meglio; Gosens fatica con Zortea, Ikoné gira a vuoto come il quasi invisibile Kouamé ma a fare ordine ci pensa il regista Adli ed un Beltran che si sacrifica tanto prima di tirar fuori dal cilindro l’assist-partita. La differenza la fa il lavoro sulla fascia di Sottil e l’acuto di Cataldi, che dedica la splendida rete all’amico Bove prima di lasciare il posto a Colpani e agli altri titolari. Se Gudmundsson ha le polveri bagnatissime, l’ex Monza e Moise Kean entrano in campo per mettere in ghiacciaia la partita, riuscendoci alla perfezione. Il voto non è per la gara singola ma per il fatto che Palladino sia riuscito a mettere a punto una macchina nella quale tutti si esprimono al massimo senza egoismi. A meno di disastri, questa Fiorentina potrebbe arrivare fino in fondo.
Inter, l’anti-Napoli è servita (7)
Se negli occhi di tutti rimane la netta vittoria contro una squadra sempre ostica come il Parma, il dato più importante dell’anticipo del Meazza è il fatto che alcuni dei protagonisti dello scudetto siano tornati ai livelli di una volta. In quella che si preannuncia come una lunga battaglia, aver ritrovato i gol di Barella e gli assist di Mkhitaryan sarà fondamentale per la gestione del gruppo. Il fatto di poter chiudere i conti in fretta consente a Inzaghi di risparmiare qualche titolare, cosa che con il calendario spacca-gambe di dicembre farà tutta la differenza. Aggiungi il fatto che la difesa sia tornata quasi insuperabile e il ruolo di anti-Napoli è praticamente assegnato. A fare impressione è poi la catena di sinistra, dove Bastoni e Dimarco fanno il bello e il cattivo tempo.
Non tutto gira alla perfezione: Calhanoglu non brilla, Dumfries ha poche occasioni per farsi vedere, per non parlare della preoccupante serie di errori da parte di Lautaro, che conferma il suo momento complicato. Difficile, poi, valutare l’impatto delle seconde linee: quando sono entrati Correa, Asllani e Buchanan, la partita era già chiusa da un pezzo. Per fortuna Thuram, pur senza fare sfracelli, torna al gol e porta tre punti a casa. Applausi ad Inzaghi per una vittoria che mantiene alta la pressione sulle rivali, le quali non possono permettersi di fare così tante rotazioni. Sicuramente ci saranno partite più provanti ma, per ora, la tenuta fisica e mentale del gruppo sembra a prova di bomba: al Napoli e alle provinciali terribili il compito di rovinarle la festa.
Ranieri si è preso la Roma (7)
In questo calcio isterico, sempre a caccia di nuove polemiche, è troppo facile sottovalutare quanto possa essere determinante avere l’allenatore giusto al posto giusto. Dopo la caotica fine della gestione Juric, molti erano sembrati felici di criticare il Sor Claudio, romano verace dal cuore giallorosso. Proprio quando molti tifosi iniziavano a guardarsi indietro con orrore, Ranieri è finalmente riuscito a sbloccare una rosa che sembrava entrata in un tunnel senza uscita. Mancini e Hummels si sono gettati dietro le polemiche mettendo prestazioni impeccabili, con lo stesso saudita Abdulhamid che fa una gara dignitosa. Ottima l’idea di dare fiducia a Paredes, le cui verticalizzazioni hanno fatto fare un figurone ad un Koné da applausi a scena aperta.
Il risultato squillante è però merito del reparto offensivo, dove il rientro di Saelemakers dall’infortunio rischia di passare inosservato vista la prova maiuscola di un Pisilli che mette una mezz’ora a livelli stratosferici. Una volta tanto, il fatto che Dybala non riesca a timbrare il cartellino non è nemmeno un problema, visto che la Joya mette giocate pazzesche una dopo l’altra, imbeccando un El Shaarawy che dall’arrivo di Ranieri sembra trasformato. I due assist del Faraone sono la ciliegina sulla torta di una squadra che, dopo mesi di caos, sembra aver ritrovato la stella polare. La cosa più importante, però, è la garra del gruppo, mancata come il pane finora. La strada è lunga ma, con questo spirito, la Roma del Sor Claudio potrebbe fare il miracolo.
Atalanta, è davvero l’anno giusto? (6,5)
Si dice che le grandi squadre, quelle che alla fine della stagione alzano i trofei al cielo, si vedono quando sono in grado di vincere le partite senza giocare alla grande. Se questa è la discriminante, questo potrebbe essere l’anno giusto per l’Atalanta del Gasp. Il gol nel finale, proprio quando la diga del Milan sembrava invalicabile, ha un peso specifico enorme, sia per affossare una possibile rivale per la Champions che per rafforzare l’autostima di un gruppo che deve solo credere nell’impresa. Nell’anticipo di venerdì, infatti, la difesa orobica non è stata costretta a chissà quali miracoli, con lo stesso Bellanova che si perde Leão solo sul gol del pareggio e Carnesecchi che evita il gol immediato del folletto Pulisic per poi difendere con esperienza la porta.
La forza della Dea è la mediana, dove all’intelligenza di De Roon fa da contraltare la fisicità di Ederson ed il continuo movimento di Pasalic, fondamentale per scardinare una difesa molto attenta come quella rossonera. La differenza, una volta tanto, la fanno i due protagonisti della scorsa stagione, l’ex col dente avvelenato De Ketelaere ed il guizzante Lookman. Il belga ha imparato anche a giocare in maniera più grintosa, come dimostrato dalla furba spinta nei confronti di Theo mentre il nigeriano che, dopo una partita opaca, spunta dal nulla per portare a casa tre punti pesantissimi. La vittoria sarebbe stata meno sporca se Retegui non si fosse fatto ipnotizzare da Maignan ma i fatti non cambiano: quando vinci senza strafare forse è proprio l’anno giusto.
Milan, stupido tirare i remi in barca (5)
Le polemiche post-partita e le indiscrezioni sulla imminente fuga di RedBird hanno fatto salire ancora la temperatura a Milanello, con voci incontrollate su una rottura tra alcuni dei giocatori chiave ed il tecnico lusitano. Perdere così una partita giocata più che discretamente per un tempo fa malissimo, specialmente quando la difesa rossonera sembrava aver ritrovato una coppia di centrali di livello assoluto come Gabbia e Thiaw. Meno convincente la prova dei terzini, con Theo che si fa prendere a sportellate dall’ex De Ketelaere ed Emerson Royal che rovina il buon lavoro fatto in avanti perdendosi Lookman sull’angolo fatale. Eppure, fino all’infortunio di Pulisic, brutta tegola per il Milan, i meneghini se l’erano battuta alla grande contro una pessima cliente come la Dea.
Il confronto con la mediana orobica è di quelli complicati ma, nonostante tutto, Fofana e Musah ci mettono voglia, grinta e coraggio: peccato che Reijnders fatichi a trovare spazio nell’affollato centrocampo e non riesca a far pesare la sua qualità. Il momento sliding doors è l’uscita di Pulisic, con Loftus-Cheek che ci mette quasi un tempo prima di ingranare, lasciando Leão troppo solo per riuscire ad imporre il suo marchio sulla partita. La cosa più triste è che il gol in extremis mette in ombra la partita encomiabile di Morata, uno che nelle partite importanti c’è sempre. A far pendere la bilancia dalla parte dei nerazzurri non è tanto l’episodio del 2-1 ma il fatto che il Milan abbia tirato i remi in barca troppo presto. Errori come questi potrebbero costare il posto a Fonseca.
Conte, il tuo Napoli si è inceppato (5)
Perdere due partite in 72 ore contro una squadra tosta come la Lazio non è la fine del mondo ma in una piazza lunatica come Napoli sono già squillati i campanelli d’allarme. Se nell’incrocio di Coppa Italia c’era il dubbio più che lecito che Conte non si fosse strappato i capelli per l’eliminazione, questa è una battuta d’arresto che fa male. Il fatto che la sconfitta sia arrivata a causa di uno dei rari errori della coppia Olivera-Buongiorno è una scusante ragionevole ma la sensazione è che qualcosa si sia inceppato in quella che, fino a pochi giorni fa, era sembrata una macchina perfetta. Troppo entusiastici gli elogi prima quanto frettolose le critiche ora? Possibile, ma il Napoli visto al Maradona sembra aver fatto grossi passi indietro rispetto a quanto s’era visto finora in campo.
Cercare capri espiatori per la batosta è un compito complicato: i partenopei hanno fatto una partita decente, con i soliti Anguissa e Politano che lottano e corrono, colpendo pure un palo, mentre McTominay si vede negare il gol da Provedel per poi venir annullato dalla mediana laziale. Aggiungi il fatto che Lobotka non trovi i soliti passaggi illuminanti e che Kvaratskhelia, dopo un primo tempo di livello, faccia una ripresa anonima e si spiega perché né Lukaku né David Neres riescano ad impensierire la difesa laziale. Il turnover in Coppa sembra esser stato inutile, visto che anche i titolarissimi si stampano sul muro biancoceleste. La cosa peggiore è che la volontà di accontentarsi del pari è finita per costare i tre punti. E questa è tutta colpa di Conte.
Juve, senza gioco non c’è futuro (4,5)
L’ironia riversata a piene mani dai detrattori del “giochista” Thiago Motta dopo la prova inqualificabile messa dai bianconeri allo Stadium è tanto prevedibile quanto preoccupante. Inutile nascondersi dietro ad un dito: pur con tutte le giustificazioni dovute ai troppi infortuni, la Juve di Motta continua a non avere un gioco ed ha pure perso quella solidità difensiva che era sembrata a prova di bomba. Quando Gatti e Kalulu mettono prestazioni inguardabili, il fatto di esser riusciti a strappare un punto al Bologna è quasi un miracolo. A peggiorare il tutto, poi, l’infortunio alla sicurezza Cambiaso, sostituito in maniera deficitaria dal giovane Rouhi. Cosa dire, poi, dei troppi errori di Locatelli e Fagioli, che toppa malamente il ritorno alla titolarità?
Capisci che non è la serata giusta quando nemmeno l’ingresso di Yildiz e Thuram riesce a dare la scossa ad una squadra troppo brutta e distratta per essere vera. Motta può sempre contare su un Conceição elettrico e su un Koopmeiners che finalmente torna al gol dopo aver faticato troppo. I problemi continuano con uno Weah oscurato da Holm e dal solito, frenetico Vlahovic, che avrebbe voluto salutare il rientro con un gol ma deve accontentarsi di un assist. A salvare Motta da una montagna di polemiche ci pensa il golazo di Mbangula.
I problemi, però, restano enormi: i bianconeri giocano al rallentatore ma, soprattutto, non hanno ancora un’identità. Con le altre che corrono a ritmi pazzeschi, il rischio di perdere il treno Champions è ora molto reale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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