nostro inviato a Venezia
La spinosa questione Natixis ruba la scena in riva alla Laguna al nuovo piano industriale delle Generali, il quarto a firma Philippe Donnet. All'Investor Day svoltosi ieri a Venezia, il ceo del Leone di Trieste ha cercato a più riprese di liquidare la faccenda, non senza una certa vis polemica. A contribuire a spostare nuovamente il radar sui rischi dell'intesa con i francesi sono state le parole pronunciate dal direttore finanziario del gruppo triestino, Cristiano Borean. Alla domanda se durante l'arco del piano l'ammontare di Btp in pancia a Generali - attualmente di circa 36 miliardi - aumenterà o diminuirà, il cfo non ha colto l'assist per rassicurare, anzi. «La strategia che il gruppo sta perseguendo - ha risposto - è quella di continuare la diversificazione non solo su Btp e titoli governativi, ma sull'intera asset allocation sulle diverse asset class». «Inoltre ha aggiunto Borean - stiamo valutando le ultime evoluzioni della nuova Solvency II che sarà nota credo l'anno prossimo e che permetterà di avere una maggiore comprensione di quale sia l'intensità di capitale richiesta per questo tipo di investimenti».
Dal canto suo Donnet ha difeso a spada tratta la joint venture con Natixis, definendola «una fantastica opportunità, unica e trasformativa» relativamente al business del risparmio gestito, che permette di fare un salto in avanti, mantenendo il completo controllo degli asset di Generali. Qui il manager transalpino con passaporto italiano tira fuori dal cilindro due esempi problematici Pioneer e Axa IM, entrambe cedute in toto rispettivamente da Unicredit e Axa per dare maggiore enfasi al fatto che Trieste invece manterrà il 50% della nuova società. «Si fa molta confusione tra il proprietario dell'asset e il gestore dell'asset. La decisione di investimento rimane saldamente in mano a Generali. Anzi, sarà anche meglio rispetto a prima in quanto avremo più controllo sugli investimenti, non daremo mandati di gestione a società terze a cui poi vanno anche pagate le commissioni», ha tagliato corto Donnet. Il quale, incalzato a più riprese su questo tema spinoso - che coinvolge 630 miliardi di risparmi degli italiani - si è mostrato stupito del fatto che nessuno obietti nulla quando alcune casse di previdenza italiane danno mandati di gestione a società americane.
«Siamo più forti che mai», ha ribadito più volte il ceo anche in riferimento alla ricanditatura sua e del suo team in vista dell'assemblea di maggio convocata anche per il rinnovo del cda. Il piatto forte del nuovo piano è la maggiore remunerazione dei soci con oltre 7 miliardi di dividendi nell'arco del triennio, cui si aggiungono almeno 500 milioni l'anno di buyback. L'utile per azione è visto segnare un più 8-10% medio annuo con flussi di cassa netti attesi superiori a 11 miliardi (dai 9,5 miliardi del piano 2022-24); prevista una crescita media annua del risultato operativo pari all'8-9% nel settore Danni e del 4-5% nel settore Vita. Gli investimenti su intelligenza artificiale e tecnologia ammonteranno a 1,2-1,3 miliardi, mentre per l'M&A la dote prevista è di 1,5 miliardi.
L'accoglienza del mercato al nuovo piano è stata positiva (+1,1% il titolo in Borsa). «Pur valutando con favore la maggiore attenzione verso gli azionisti nel nuovo piano di Generali, notiamo che le aspettative di consensus erano già in linea o superiori ai target chiave», hanno fatto presente gli analisti di Barclays che calcolano come la nuova politica di remunerazione dei soci implica un rendimento all-in (ossia la somma di cedole e acquisto azioni proprie) di circa il 6%, quindi ancora inferiore rispetto al 7-7,5% medio dei concorrenti.
I nuovi obiettivi finanziari, sostanzialmente in linea con le stime della vigilia, non hanno fatto sobbalzare nemmeno Banca Akros («un piano in continuità con i precedenti indirizzi strategici e basato sull'ulteriore diversificazione dei ricavi, sull'ottimizzazione dei costi e sull'aumento della remunerazione degli azionisti anche grazie ai buyback annuali») che ha deciso di declassare il Leone a neutral (da accumulate) in virtù soprattutto del potenziale limitato per il titolo dopo la positiva performance da inizio anno (oltre il 10% in più).
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