"Per quel protocollo mi sono arrivate le prime minacce di morte". Giorgia Meloni svela un inquietante dettaglio sul clima di tensione creatosi attorno all'accordo tra Italia e Albania sui migranti. Quel memorandum d'intesa, tuttavia, il premier intende portarlo avanti fino in fondo. "Farò di tutto per farlo funzionare", ha assicurato nel corso delle registrazioni televisive di Cinque Minuti e Porta a Porta, in onda questa sera su Rai1. Poi, sempre sul tema immigrazione, la leader di Fratelli d'Italia non si è astenuta dal commentare le vicissitudini tribunalizie che hanno seguito l'approvazione del decreto Paesi sicuri.
L'accordo Italia-Albania e il decreto Paesi sicuri
"Le argomentazioni con cui il tribunale di Bologna chiede alla Corte di giustizia europea l'autorizzazione a disapplicare l'ennesima legge italiana da molti è stata vista come un'argomentazione più vicina a un volantino propagandistico che a un atto da tribunale. L'argomento della Germania nazista è efficace sul piano della propaganda, sul piano giuridico è più debole", ha scandito Meloni. E ancora, ragionando sul tema, ha aggiunto: "Se continuiamo così, sarò io a dire che l'Italia non è un paese sicuro. Quando lo si dice per il Bangladesh, parliamo di 180 milioni di abitanti a cui diciamo così 'venite tranquillamente in Italia'. Per alcuni l'obiettivo è impedire di fermare l'immigrazione irregolare". Così, la leader di Fratelli d'Italia ha assicurato di voler proseguire nella direzione intrapresa. "La strategia del governo sta funzionando perché gli sbarchi stanno diminuendo e stiamo dimostrando che si può mettere un freno a questo fenomeno", ha detto.
"Sono convinta che la ragione per cui si sta facendo qualsiasi cosa possibile per bloccare il protocollo con l'Albania è che tutti capiscono che è la chiave di volta per bloccare l'immigrazione irregolare. Se lo scafista si ritrova fuori dai confini europei, questo è il più grande deterrente che possiamo mettere in campo. È la prima volta, infatti, che i trafficanti di esseri umani mi hanno minacciata di morte", ha continuato Meloni.
Sciopero generale: "approccio ideologico" dei sindacati
Conversando a tutto campo con Bruno Vespa, il premier ha anche commentato l'odierna proclamazione dello sciopero generale da parte di Cgil e Uil. "C'è un piccolissimo pregiudizio da parte di questi sindacati... uno sciopero generale convocato qualche giorno prima di incontrare il governo sulla manovra. I sindacati volevano la diminuzione del precariato, ed è diminuito, volevano l'aumento dell'occupazione ed è aumentata, volevano più fondi alla sanità e li abbiamo dati. Non siamo molto nel merito, siamo su un approccio ideologico", ha osservato Meloni, rivendicando le politiche sul lavoro promosse dall'esecutivo. "La povertà non si combatte per decreto, l'unico modo è creare lavoro, e per farlo si deve rimettere in moto l'economia, ed è quello che stiamo facendo. Dicevano che con questo governo avremmo avuto una tempesta finanziaria, oggi invece l'Italia viene spesso presa a modello, abbiamo invertito la tendenza e cresciamo più di Francia e Germania. Per la prima volta due agenzie di rating hanno rivisto al rialzo le stime sull'Italia", ha affermato il capo del governo.
Dossieraggi: "Porre fine a questo schifo"
Sul capitolo dossieraggi, Meloni ha poi dichiarato: "Esiste un mercato delle informazioni, come si rubavano i gioielli, oggi accade con le informazioni. Prima in banca, poi a Milano, poi a Roma.... Avevamo già varato un tavolo, ma la cosa più importante è l'infedeltà dei funzionari, non sono degli estranei, ma funzionari italiani che usano il loro potere per fare altro con quelle banche dati, il problema non è l'hackeraggio". Così, la leader di Fratelli d'Italia ha ribadito la volontà di "porre fine a questo schifo". Quanto invece alle riforme avviate o messe in cantiere dal governo, Meloni ha ribadito: "Non cambio idea sul premierato, che penso sia la madre di tutte le riforme" e "sono pronta a tutti i referendum", compreso quello sulla riforma della separazione delle carriere dei magistrati ipotizzato nelle scorse ore dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio.
Stellantis e il caso Elkann in Parlamento
Il presidente del Consiglio è anche intervenuto su Stellantis e sull'intenzione di John Elkann di non recarsi in Parlamento a riferire. Il presidente di Stellantis - ha detto Meloni - "non ha detto solo di no, ha detto 'no perché aspetto il tavolo del governo', ma temo che lui non conosca il funzionamento dello Stato italiano, perché sono due cose completamente diverse e mi sarei aspettata un maggiore rispetto per il Parlamento. Poi noi dei tavoli con Stellantis li abbiamo fatti, ma proponevamo accordi di sviluppo, cioè davamo dei fondi per aumentare la produzione, e invece la produzione veniva diminuita. Ma così non funziona, sono soldi degli italiani". E ancora: "I soldi degli italiani si investono quando vanno a beneficio degli italiani. È un dialogo che continueremo a fare come facciamo con tutti, ciò non toglie che avrebbe fatto bene ad andare in Parlamento".
La politica estera e le elezioni Usa
Infine, un passaggio sulla politica esterna con uno sguardo agli Stati Uniti alla vigilia delle presidenziali. "I rapporti tra Usa e Italia non cambieranno, le nazioni alleate restano nazioni alleate, al di là dei governi che cambiano.
Possono cambiare le scelte di politica estera, Ucraina, Medio Oriente, ma non sono affatto preoccupata, abbiamo lavorato bene con questa amministrazione e lavoreremmo bene anche con una amministrazione di segno opposto", ha concluso Giorgia Meloni.
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