«Avevamo fatto tutte previsioni assolutamente prudenziali, questa revisione del Pil che stimiamo possa arrivare allo 0,7 non ci cambia i numeri di finanza pubblica, anzi noi siamo convinti che, come abbiamo fatto in passato, otterremo dei risultati addirittura migliori rispetto a quello che abbiamo annunciato in Europa». Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, oggi intervenuto ad Atreju, ha rassicurato non solo sulla tenuta dei conti pubblici alla luce della revisione al ribasso della stima del Pil per il 2024, ma si è anche detto moderatamente ottimista di poter fare meglio rispetto a una congiuntura macroeconomica difficile.
Una crisi, tuttavia, accentuata dalle scelte di politica economica adottate in sede comunitarie, a partire proprio dal Green Deal che sta impattando pesantemente sul settore industriale. «Non è che qualcosa è andato storto», ha spiegato riferendosi alle prospettive meno favorevoli rispetto a quelle annunciate tre mesi fa e sottolineando che «il mondo purtroppo si è incamminato in una situazione molto complicata sotto il profilo geopolitico ed economico e la vecchia Europa si trova ad affrontare quell’onda di cui tante volte abbiamo parlato, che significa riconversione industriale generata dalla transizione green è arrivata forte, forse prima del previsto, e sta cominciando, partendo dalla Germania, a fare socialmente ed economicamente morti e feriti».
Dalla crisi tedesca al rallentamento italiano il passo è breve, vista la stretta interdipendenza tra i due sistemi, ha specificato il titolare del Tesoro. Un altro fattore frenante è rappresentata dall’avvento della presidenza Trump, dall’incertezza sul quadro politico della stessa Germania. Ma non per questo Giorgetti dispera, tutt’altro. «Noi, per parte nostra, continuiamo con la nostra politica fatta di responsabilità, di serietà e che ha fatto maturare un riconoscimento internazionale, direi molto superiore a quello che ci viene riconosciuto internamente», ha ribadito evidenziando che «è abbastanza singolare in questo momento ritrovarci con noi che stiamo approvando il bilancio e con i francesi e tedeschi che invece non saranno in grado di farlo».
A proposito di manovra, il ministro ha voluto anticipare che «è in arrivo un emendamento che fa partire Industria 5.0 (di cui solo di recente Bruxelles ha approvato le modifiche dopo 4 mesi trattative; ndr) perché la rende accessibile e cumulabile con altre misure come la Zes per il Sud», ha sottolineato. La logica sottostante è spingere gli investimenti. Di qui il discorso sull’Ires premiale il cui emendamento ad hoc «vedrà la luce tra sabato e domenica». La copertura sarà «di 400 milioni, ma non significa che gli investimenti mobilitati sono 400 milioni» e le risorse saranno prelevate dalle banche.
Insomma, l’obiettivo è incentivare coloro che, anziché distribuire gli utili sottoforma di dividendi, investono oppure assumono. «Un meccanismo che vogliamo semplice e che siamo riusciti a fare», ha chiosato. E in quest’ottica rientra anche il taglio del cuneo in quanto favorisce, sull’altro versante, i consumi.
Perché allora questo sforzo non si traduce in un Pil ben più corposo? Da un lato, come detto, c’è l’incertezza legata anche alle guerre in corso e alle passate fiammate inflazionistiche. Dall’altro lato, c’è «il tema dei temi», un settore secondario che arranca. «Il vero problema è l'industria, è la manifattura, dove vediamo dei segnali in picchiata e questo è un problema che interroga tutti quanti in Europa e a cui dobbiamo cercare di dare una risposta». Ultima questione le culle vuote.
«È vero che la crescita del nostro Pil è asfittica, ma i Paesi in declino demografico - e l’Italia lo è - hanno una crescita di questo tipo», ha detto. «Qualcosa sulla natalità abbiamo fatto, speriamo di riuscire a fare qualcosa di più», ha concluso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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