Difesa comune, peso politico ed economia: le incognite del ritorno di Trump per l'Europa

Il neo-presidente non ha mai nascosto la sua preferenza per politiche isolazioniste e poco votate alla collaborazione con l'Unione europea

Difesa comune, peso politico ed economia: le incognite del ritorno di Trump per l'Europa
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A meno di appartenere alla categoria politica dei Viktor Orbàn, il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca rappresenta per l’Europa un vero incubo. Quattro anni fa, Joe Biden aveva coniato lo slogan “America is back” per segnalare la ripresa di rapporti distesi e di collaborazione tra le due sponde dell’Atlantico, dopo che Trump aveva trasformato quell’oceano, simbolo di unità e condivisione di valori, in un luogo di discordie.

Ora si ricomincia con il gioco preferito del cavallo di ritorno dei repubblicani (nel frattempo trasformati in un partito personale dove il dibattito interno è equiparato a tradimento del Lìder Màximo): “America First”, e gli altri dietro. Si ricomincia con la politica di una Casa Bianca che punta sulla divisione tra i partner europei, allo scopo di meglio dominarli. Con i dazi sulle merci europee (e italiane) per conseguire l’obiettivo del ritorno ai vertici della potenza economica Usa, non importa a danno di chi. Con i ricatti politici (“Commerciate con la Cina o con noi?”), con il sostegno ai movimenti anti sistema per indebolire i governi riottosi, in stile Putin.

Inutile girarci intorno. L’unico aspetto potenzialmente positivo di questo disastro consiste nell’effetto doccia scozzese: l’Europa deve darsi una brusca svegliata e decidere cosa vorrà essere in questi quattro anni, come porsi nei confronti di un’America che cambia profondamente il suo rapporto con noi. Dovrà decidere se lavorare per essere una potenza autosufficiente nel campo della difesa e della politica industriale, oppure continuare (più che mai, viste le circostanze) a comportarsi da alleato minore, o come direbbe Trump da “junior partner”.

Bisognerà vedere, naturalmente, chi saranno in Europa i protagonisti politici di questa fase importantissima e complicata. Trump manifesta chiaramente le sue preferenze: il suo ideale di politico europeo è il premier ungherese Orbàn, un cinico come lui al quale nulla interessa dei valori comuni che hanno saldato quasi ottant’anni di alleanza tra Stati Uniti ed Europa e portato la NATO – come ieri ha ricordato il nostro ministro degli Esteri Antonio Tajani – a svolgere un ruolo politico e non solo militare. All’isolazionista Trump l'Alleanza non interessa. Gli piacciono i politici che promettono di spaccare l’Europa, per meglio dominarci. Gli piace chi parla di recupero di sovranità dividendo in realtà la nostra forza e così azzerando l’unica possibilità per l’Europa di contare qualcosa autonomamente a livello globale.

È arrivata l’ora di decidere, appunto. E sarà la crisi ucraina il primo banco di prova.

Quando Trump proporrà di fatto di costringere Zelensky a subire una pace ingiusta che sarà un dramma per il suo popolo e il contrario dell’interesse europeo, dovremo scegliere se continuare a sostenere chi lotta per la libertà (anche la nostra) oppure abbandonarlo in nome di una miopissima Realpolitik.

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