«Il 7 ottobre è stato disumano». Lo ha ammesso oggi anche Abu Mazen, il vecchio leader dell’Autorità nazionale palestinese che si trova a Roma, impegnato in una serie di incontri istituzionali di alto livello, che sono iniziati ieri con la visita in Vaticano e l’incontro con il Papa, e oggi sono proseguiti al Quirinale, con il presidente della Repubblica e andranno avanti nel pomeriggio a Palazzo Chigi, dove il capo dell’entità statale araba vedrà il premier, Giorgia Meloni.
A Roma, Abu Mazen beneficia di quella che è la tradizionale benevolenza diplomatica italiana verso la causa arabo-palestinese, un’attenzione che risale ai governi della Prima repubblica: «Sentiamo amicizia e calore, e apprezziamo il sostegno reale dell’Italia al popolo palestinese» ha detto nel colloquio con Sergio Mattarella. E il capo dello Stato, che pure è molto ammirato da Israele e dalle comunità ebraiche italiane, ha ribadito l’amicizia e la sensibilità dell’Italia per gli arabo-palestinesi. «Dopo l'orrore del 7 ottobre - ha detto Mattarella - si è aperta una spirale inaccettabile di violenza su Gaza che ha colpito i civili, donne e bambini. Ci impegniamo per un reale e definitivo cessate il fuoco e per il rilascio degli ostaggi nelle mani di Hamas. Ci auguriamo che la soluzione due Stati due popoli sia immediata. Senza questa prospettiva ci saranno sempre esplosioni di violenze» ha affermato il presidente della Repubblica, esprimendo anche «preoccupazione per quello che accade in Cisgiordania e Gerusalemme Est con insediamenti che contraddicono le risoluzioni dell’Onu con violenze contro i palestinesi».
Abu Mazen, come detto, ha «concesso» una condanna delle atrocità commesse da Hamas 14 mesi fa. «Ciò che è avvenuto il 7 ottobre - ha dichiarato - è disumano e inaccettabile. Non siamo per la violenza». Affermazione impegnativa, per un autocrate (la sua ultima elezione risale ormai ai molti anni fa) in gravi difficoltà politiche interne ed esterne, che da capo di un partito «laico» ha dovuto combattere con Hamas, l’organizzazione terroristica del 7 ottobre, ma a sua volta è sempre stato molto ambiguo verso il terrorismo, esattamente come il suo predecessore, Arafat.
E il timore è proprio questo, che Abu Mazen, discepolo di una scuola che ha fatto dell’ambiguità la sua cifra, anche a Roma abbia mostrato uno dei suoi volti, quello più «presentabile», mentre riserva alle faccende interne governate da Ramallah, comprese le indennità alle famiglie dei terroristi, il volto più cinico e autentico.
Lo stesso timore suscitano le parole che il «presidente» arabo ha riservato alla questione dei rapporti con Israele.
«Una volta che sarà avviata la soluzione dei due Stati e due popoli, chiederò ai Paesi arabi e mussulmani di riconoscere lo stato di Israele» ha spiegato, chiaramente invertendo i termini delle condizioni, visto che lo Stato ebraico non potrà assecondare la nascita di uno Stato arabo in Palestina, mai escluso d’altra parte, senza delle precise garanzie sul riconoscimento arabo del diritto di Israele a esistere in sicurezza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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