Elly rivede le percentuali dell'epoca Renzi ma cannibalizza gli alleati della coalizione

La leader Pd esulta: "Siamo il perno dell'alternativa al governo". E si blinda nel partito dopo la sconfitta in Liguria

Elly rivede le percentuali dell'epoca Renzi ma cannibalizza gli alleati della coalizione
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nostro inviato a Perugia

Elly Schlein scommette sul sicuro: il risultato elettorale del suo partito e della sua coalizione nelle due regioni in ballo lo attende a Bologna. Lì la vittoria è certa, e del resto è lì che la segretaria Pd vota: si presenta al seggio in tarda mattinata, scherza col presidente di seggio che si augura che «non le si rompa la matita come l'altra volta», e poi la insegue per ridarle la scheda elettorale che ha dimenticato. Segno di un certo nervosismo, sia per il crollo dell'affluenza assai pesante nella Regione più rossa e più diligente nel votare d'Italia, e sia per l'incertezza del risultato in Umbria: una nuova sconfitta lì, dopo quella in Liguria, avrebbe pesantemente invertito la narrazione «vincente» della leader dem.

Invece nel tardo pomeriggio Elly ritrova l'entusiasmo, e decide di partire per Perugia: non solo il centrosinistra si aggiudica entrambe le regioni in ballo, ma il Pd torna (almeno localmente) a percentuali che parevano del tutto irraggiungibili dopo il clamoroso 41% di Matteo Renzi alle Europee del 2014. Certo, un conto sono le regioni rosse come l'Emilia Romagna (40% al Pd) o quelle ex rosse come l'Umbria (30%), un altro il voto nazionale. Ma il segnale di ripresa è indubbio, blinda le posizioni di Schlein nel partito dopo i forti mal di pancia per la Liguria e la porta a celebrare pubblicamente con accenti lirici: «Una vittoria emozionante e commovente, un risultato straordinario per il Pd» che «conferma il nostro ruolo come perno per l'alternativa a queste destre».

Il problema, però, è che il «perno» Pd si rafforza a spese degli alleati, senza allargare più di tanto il perimetro della coalizione. E gli alleati, ridotti a «cespugli», ne soffrono: i 5S, che crollano sia in Emilia che in Umbria, sembrano ormai a rischio estinzione. Giuseppe Conte non si muove da Roma («Sono impegnato per la Costituente del partito»), sorvola sulle minute percentuali ottenute e assicura che «con progetti e candidati credibili si vince». E cerca di mettere il cappello sulla neo-governatrice umbra: «Una vittoria strepitosa, non avevo dubbi che fossi tu la scelta migliore», dice a Proietti. Un modo per ricordare che, cinque anni fa, quando in Umbria ha vinto il centrodestra con Donatella Tesei, Proietti era stata già proposta da M5s come candidata, ma il Pd le aveva preferito l'imprenditore Vincenzo Bianconi. Ma non va molto meglio nemmeno all'ala sinistra del campo largo: se in Emilia Romagna Avs supera di poco il 5%, in Umbria resta sotto. «Ci stiamo radicando nel paese», assicurano ad una voce Fratoianni e Bonelli. Ma senza «effetto Salis», l'exploit delle Europee ormai è lontano.

Quanto al centro, le liste civiche di Renzi e di Calenda restano entrambe attorno al 2%. Il leader di Iv fa comunque pesare il proprio apporto, dopo il veto imposto da Conte al suo partito in Liguria: «Uniti si vince, divisi si perde: lo dice la matematica e lo conferma la politica».

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