La guerra dei microchip. Così l'industria di Taiwan si difende dalle mire cinesi

Viaggio nel colosso dei semiconduttori Tsmc: negli ultimi anni ha aperto industrie anche in Occidente per rimanere indipendente da Pechino

La guerra dei microchip. Così l'industria di Taiwan si difende dalle mire cinesi

Con meno di quaranta minuti di treno alta velocità da Taipei, scendendo verso sud nell'isola di Formosa, si raggiunge Hsinchu, il motore industriale di Taiwan. Nonostante disti cento chilometri dalla capitale, per attivarci sembra di attraversare una grande megalopoli, non a caso Taiwan è tra le prime nazioni al mondo per densità abitativa (650 abitanti per chilometro quadrato contro i 196 dell'Italia).

Qui sorge un polo tecnologico tra i più avanzati al mondo in continua espansione che ospita le principali aziende produttrici della vera ricchezza di Taiwan: i microchip. Non a caso Hsinchu è soprannominata la Silicon Valley di Taiwan a causa dell'alto numero di aziende tecnologiche che si trovano in città.

Nel raggio di poco più di un chilometro hanno sede decine di compagnie spesso sconosciute in Europa e in Occidente dai non addetti ai lavori ma con fatturati esorbitanti e di enorme importanza per la vita di tutti noi. È probabile che i chip contenuti nel cellulare che avete tra le mani, nell'automobile che guidate, nel vostro televisore, perfino nella macchinetta del caffè siano stati realizzati qui. Chi ha acquistato un'automobile nuova negli ultimi due/tre anni riscontrando ritardi nelle consegne, si è sentito rispondere che sono dovuti alla difficoltà nell'approvvigionamento dei chip che sono imprescindibili nel settore automobilistico. Il fatto che l'industria dei semiconduttori sia in crescita e in continua espansione è testimoniato dalle nuove fabbriche ed edifici in costruzione alle porte di Hsinchu. Per capire le dimensioni del settore a Taiwan, basti pensare che qui si producono il 20% di tutti i chip destinati a un mercato globale. Oggi infatti nessuna nazione può pensare di avere il controllo integrale della catena produttiva; riuscire a garantire la supply chain è pressoché impossibile.

Le due aziende leader del settore sono la Umc (United Microelectronics Corporation) e la Tsmc (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company) ed è proprio in una delle sedi della Tsmc a Hsinchu (sono numerosi gli edifici che ospitano gli uffici e gli stabilimenti dell'azienda) che incontriamo uno dei responsabili per le relazioni esterne.

La Taiwan Semiconductor Manufacturing Company è stata fondata nel 1987 da Morris Chang che è una specie di eroe nazionale a Taiwan. Nato nella Cina continentale nel 1931, dopo aver trascorso i primi anni di scuola primaria nell'Hong Kong britannica, nel 1949 si trasferisce negli Stati Uniti per studiare ad Harvard. In seguito alla laurea e al master in ingegneria meccanica al Mit di Boston inizia a lavorare nell'industria dei semiconduttori negli Stati Uniti fino ad essere reclutato dal governo taiwanese per diventare presidente dell'Istituto di ricerca sulla tecnologia industriale a Taiwan.

La svolta arriva nel 1987 quando fonda Tsmc con una storia di successo di partenariato pubblico/privato che dovrebbe essere un esempio da adottare anche in Italia. Avendo compreso il governo di Taiwan che i microchip rappresentano un settore strategico e con grandi prospettive ha investito nella creazione dell'azienda rimanendo però sotto il 50% di capitale e, dopo aver avviato l'attività, è sceso nel capitale fino ad avere una quota inferiore al 10%. Fino a metà degli anni Ottanta, pur avendo una manifattura sviluppata anche nell'elettronica, Taiwan non aveva un settore industriale in cui eccelleva, da qui l'intuizione di puntare sui chip.

Tsmc oggi è un colosso da 76.000 dipendenti con un fatturato in continuo aumento (7,9 miliardi di dollari nel solo mese di luglio) trainato in particolare dalla crescita delle vendite di chip per l'intelligenza artificiale. La caratteristica principale di questa azienda (così come delle altre che operano nel settore) è la forte attenzione alla ricerca a cui dedicano ingenti risorse rendendole costantemente all'avanguardia.

Oltre alla tradizionale produzione di microchip negli ultimi dieci anni l'industria taiwanese ha investito in modo consistente nella produzione dei cosiddetti «chip AI», le componenti forse più importanti nell'evoluzione dell'intelligenza artificiale. Parlando con un responsabile di TMSC a Hsinchu ci spiega che «il chip di un computer è come se fossero 8 matematici con un Phd che in contemporanea cercano di risolvere un problema, un chip dell'intelligenza artificiale è come se fossero 200 studenti che fanno calcoli nello stesso momento». Il mercato dei chip per l'intelligenza artificiale sta vivendo un vero e proprio boom e si prevede che raddoppierà nel 2027 per poi toccare i 257,6 miliardi di dollari di fatturato entro il 2033. È inevitabile che sia iniziata la corsa per produrre i chip per l'Ia in primis da parte di Cina e Stati Uniti ma Taiwan ha un vantaggio competitivo dovuto alla sua storia.

L'intuizione dell'industria taiwanese dei semiconduttori è stata quella di occuparsi solo della manifattura lasciando ai suoi clienti l'assemblaggio dei prodotti: «Una grande azienda a cui servono i microchip, invece di dover sostenere un investimento di circa 20 miliardi di dollari per realizzare un sito produttivo, può ordinarli direttamente da Tsmc e poi utilizzarli per i propri prodotti».

Negli ultimi anni Tsmc ha aperto nuove fabbriche in altre nazioni, negli Stati Uniti in Arizona, in Giappone ed è prevista la prima apertura in Europa in Germania. La motivazione ufficiale è che l'apertura di nuovi sedi avviene per rispondere alle esigenze dei clienti ma c'è anche un tema di carattere geopolitico. L'industria dei semiconduttori fa gola in primis alla Cina e diversificare i siti di produzione anche fuori Taiwan è un'assicurazione contro possibili futuri scenari critici. L'argomento Cina a Taiwan in molti preferiscono non affrontarlo eppure, ci racconta una fonte diplomatica di alto livello «la prima nazione per export da Taiwan è la Cina con il 40%.

Ciò significa che se la Cina realizzasse una guerra economica verso Taiwan metterebbe in ginocchio l'economia dell'isola».

Ma è anche grazie alla presenza dell'industria dei semiconduttori che si concretizza l'interesse degli Stati Uniti e dell'Occidente affinché Taiwan rimanga sovrana e indipendente dalla Cina.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica