L'ipocrisia grillina su Todde decaduta

L'ordinanza-ingiunzione sulla decadenza le era stato notificato per presunte irregolarità nei rendiconti elettorali dal collegio di garanzia della Corte d'Appello

L'ipocrisia grillina su Todde decaduta
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Due pesi, due misure e uno stesso linguaggio apocalittico: ossia quelli dei grillini nei confronti di Daniela Santanché e Alessandra Todde, rispettivamente ministro in carica e presidente decaduta della Sardegna. Il peso, parentesi, è anche quello patito dal Paese per via di quella tara residuale rappresentata dal Movimento Cinque Stelle, mentre la misura invece è quella (loro) nel chiedere irrevocabili e immediate dimissioni di chiunque per qualsiasi venticello anche solo accennato. Non è il caso di Alessandra Todde, (ex) presidente della Sardegna e ora stra-difesa dal movimento Cinque Stelle & due facce. Nell'attuale legislatura hanno presentato quattro mozioni di sfiducia nei due rami del Parlamento nei confronti del ministro Daniela Santanché, il cui status è quello di semplice rinviata a giudizio e non è ancora decaduta da niente. Il ricorso presentato da Alessandra Todde al Tribunale civile di Cagliari il 27 gennaio scorso, e visionato dal Giornale, è tutto da leggere per l'accanimento verbale rivolto contro chi ha osato decidere la decadenza dell'ex presidente grillina. Memorandum: l'ordinanza-ingiunzione sulla decadenza le era stato notificato per presunte irregolarità nei rendiconti elettorali dal collegio di garanzia della Corte d'Appello: ma ora si chiede una richiesta di sospensiva per congelare l'iter politico-istituzionale del provvedimento (già avviato dalla giunta per le elezioni del Consiglio regionale) ma soprattutto si contesta qualsiasi addebito o errore o leggerezza: la Todde, insomma, non avrebbe mai occultato fondi destinati alla campagna elettorale e, in qualsiasi caso, rifiuta la sanzione della decadenza dalla carica. Ci occupiamo, notare, non di contenuti, ma solo di linguaggio. Ecco qualche espressione del ricorso: «Il provvedimento è manifestamente illegittimo», si auspica la «nullità radicale del provvedimento», «norme malamente applicate dal collegio elettorale», «cause di decadenza illegittimamente create», il quale è «del tutto incompatibile ed illogico, oltreché macroscopicamente abnorme», con un motivo «creato ex novo dal Collegio elettorale». L'hanno presa bene. «Incomprensibile spregio della normativa applicabile, il collegio tenta infatti sciattamente di creare una nuova ipotesi di decadenza che deriverebbe dalla contestazione di una generica sommatoria di infrazioni», «evidente forzatura di alcuni commissari - in primis della Presidente». C'è poi uno psicodramma che riguarda una fattura di 153,16 euro per fornire elettricità a un locale usato dai grillini: il collegio ha contestato l'irregolarità in un secondo momento, violando «ogni più elementare principio comunitario e costituzionale di proporzionalità». Cioè: per sostenere un atto grave come la decadenza della Presidente e della Giunta e di un consiglio Regionale, sostiene il ricorso, si è osato contestare anche «una mancata dichiarazione di una spesa di poche diecine di euro pochi incalcolabili euro». Troppo pochi: il Collegio non doveva intervenire.

Insomma, si adombrano maliziosi e indicibili sospetti su un Collegio che, informiamo, è meramente composto non dalla Spectre ma da Dario De Luca (Corte d'Appello di Cagliari), Maria Luisa Scarpa (stessa Corte), Francesco Alterio (stessa Corte), Riccardo Fercia (docente universitario), Roberta Asuni e Tullio Conti (dottori commercialisti). Come finirà? In realtà è già finita.

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